ha vinto in due grandi città, Roma e Torino. I pentastellati sono passati da catalizzatori dei mal di pancia degli italiani a istituzioni con responsabilità di governo. Un anno fa, gli aderenti locali hanno sfiorato l'ingresso nella assise della nostra Mesagne. Nella concomitante elezione regionale hanno ottenuto il 13% dei consensi, un buon riscontro che non ha avuto lo stesso andamento nell'indicazione cittadina, subendo una emorragia di consensi a causa di una lista monca, solo 12 candidati sui 16 previsti, e di qualità dei candidati a cui va riconosciuto il coraggio e la determinazione di essersi messi in discussione. Un dato oggettivo che dimostra una chiusura verso la città che si è tradotta in perdita di consensi verso altri esponenti locali di altra estrazione politica. Di conseguenza il candidato sindaco non è entrato in consiglio per un centinaio di voti. Nonostante il M5S sia piazzato davanti a partiti storici come Forza Italia e ad alcune liste della attuale maggioranza, la sensazione prevalente è quella di un contenitore politico debole e poco presente nel dibattito politico cittadino generale. Si vota ogni 5 anni e l'occasione è stata sprecata in maniera troppo semplicistica. Le delusioni della campagna elettorale si sono trasformate in divisioni di vedute e strategie. Un gruppo ha preferito organizzarsi diversamente, un altro è rimasto fedele al simbolo tradizionale. A un anno di distanza, l'azione politica extraconsiliare è arida sia per assenza di appuntamenti elettorali vicini che per leadership politica. Non si intravede una personalità presente nella città e che accolga istanze, uno stratega. Eppure gli elettori ci sono e tanti così come i rappresentati locali presso l'ente regionale.
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