Un Brigante: Vincenzo Mazzeo Di Prezzo (I parte)

Settembre 14, 2017 3659

poci enzo soc storia patria puglia(di Enzo Poci, Società di Storia Patria per la Puglia)

VINCENZO MAZZEO DI PREZZO VIENE CONDOTTO IN CARCERE A LECCE IN ATTESA DI GIUDIZIO

Vincenzo Mazzeo Di Prezzo, dopo che si è presentato spontaneamente, o per essere più precisi dopo essere stato convinto dalla Guardia nazionale De Tommaso a presentarsi alle autorità di Pubblica Sicurezza, viene interrogato dal Sindaco di Mesagne il 6 novembre 1862 e poi tradotto nel carcere di Lecce.

Egli rimane ospite nelle carceri pugliesi, tra Lecce e Bari, fino al 1869, quando successivamente alla condanna alla pena dei lavori forzati per la durata di anni venti, comminata dalla Corte d’Assise straordinaria di Trani sedente in Bari, viene trasferito a Genova, dove il 7 febbraio 1872 muore nell’Ospedale del bagno penale della città ligure, per cause rimaste oscure, forse per una ferita non completamente guarita, subita durante la sua “attività brigantesca” o durante i lavori forzati, oppure per una infezione contratta nel penitenziario genovese.

Pubblicheremo una serie di documenti che sono depositati presso l’Archivio di Stato di Bari, Corte d’ Assise, b. 83, vol. 74.

Il 27 dicembre del 1862, mentre si trova recluso nel carcere leccese, egli sente la necessità di collaborare con la giustizia, purché “sia salvo di pena”. Ritengo che sia stato il primo dei briganti a collaborare e a fare delle rivelazioni interessanti su alcuni delitti commessi e su alcuni “galantuomini” che proteggevano gli stessi briganti.

In un primo momento viene ascoltato da Luigi Plantulli, Delegato Mandamentale di Pubblica Sicurezza in Lecce, e nello stesso giorno, viste le importanti confessioni rese, viene interrogato da Pasquale Matarrese, Giudice Istruttore presso il Tribunale Circondariale della medesima città.


L’anno 18sessantadue, il giorno ventisette Dicembre

In Lecce

Noi Luigi Plantulli Delegato Mandamentale di Pubblica Sicurezza in Lecce essendomi condotto per affari di servizio in queste Prigioni Centrali sono stato chiamato da un detenuto di volermi parlare per affari interessanti del Governo, noi aderendo alle sue premure l'abbiamo fatto entrare dalla Corsia, e fatto condurre in una Stanza del Custode, e avanti a due testimoni d. Errico Guidotti e Oronzo Salvatore l'abbiamo fatto le seguenti dimande

Quale era il suo Nome Cognome, Patria, e cosa doveva dirmi?

Ha risposto chiamarsi Vincenzo di Prezzo di Santonici, domiciliato in Mesagna, che avrebbe confessato tutti i ricatti e li attacchi avuti colla truppa basta che sia salvo di pena perchè lui anche faceva parte della comitiva di Laveneziana, ed avendogli dimandato se Giuseppe Valente era stato suo Compagno. Rispose affermativamente, ed era il più feroce avendo il grado di Capitano, ed il Valente coadiuvava Laveneziana al barbaro omicidio dei tre Guardie Nazionali, come pure al ricatto eseguito in danno di D. Oronzo Catanzaro di Brindisi.

Domandato infine se era a conoscenza chi galantuomo li provvedeva di cibo, e di munizioni?

Ha risposto per il cibbo l'avevano in qualunque masseria dove andavano. Per la munizione, specialmente di polvere l'avevano spesso da D. Cesare Balsamo perchè un giorno passando per la Masseria denominata S. Teresa colà trovarono due galantuomini. I Capi della Comitiva nel vederli si avvicinavano, si posero discorrere: il dichiarante informatosi dai suoi Compagni chi sono quelli galantuomini li fu risposto di essere un agrimensore, e D. Cesare Balsamo, e quest'ultimo li provvedeva di munizioni

Data lettura delle presente dichiarazione vi ha persistito ed ha detto di non saper scrivere, ed abbiamo fatto noi con i testimoni------

Luigi Plantulli
Errico Guidotti Test.
Oronzo de Salvatore

(AS BARI, CORTE D’ASSISE, b. 83, vol. 74).


Interrogatorio di Vincenzo del Prezzo

83/74

L’anno mille ottocento sessantadue, il giorno ventisette Dicembre in Lecce
Innanzi a Noi Pasquale Matarrese Giudice Istruttore presso il Tribunale Circondariale, assistito dal Commesso Solipane
Essendo stato tradotto alla nostra presenza libero dai legami, e guardato dalla forza il detenuto Vincenzo de Prezzo e domandato lo stesso sulle generalità.
A’ risposto chiamarsi Vincenzo de Prezzo di S. Donaci, dom. a Mesagne.
Domandato a’ risposto Essendo io un requisito di leva, mi allontanai da Mesagne e mi portai nella masseria di …[Spada] per addirmi ai travagli della semina.
Nel giorno 19 o 20 ottobre vennero ivi una quantità di briganti a cavallo, i quali avendo conosciuto che io era un renitente di leva mi obbligarono ad andar con loro. Fu quindi che facendomi cavalcar una giumenta, mi pressarono seco loro.
Dopo uno o due giorni ci portammo la sera nella masseria S. Teresa dove c’intrattenemmo nella la notte. Non essendovi il padrone trovammo il Massaro ed un figliuolo del primo. A questi Laveneziana con Errico Lamorte [si tratta del sergente Romano], e con Giuseppe Valente impose che avesse data la biada agli animali che avesse preparato qualche cosa da mangiare. Si dette la biada e si posero a preparare dei ceci per potersi mangiare nel mattino. Uscito il sole fuggirono due giumente, ed allora Giuseppe Valente io ed altri 5 o 6 che non ricordo ci demmo ad inseguirle, ed a ciò non ci sbrigammo che nelle ore tarde pomeridiane.
Nel mattino vedemmo nella Masseria Paticchi due galantuomini che stavano facendo delle misure, ed allora il Valente ed altri due o tre se li fecero sopra. Vidi che uno di questi due galantuomini fece segno con un faccioletto bianco. Notai che discorsero, ma non potetti sentire quel che dissero.
Nel giorno andammo a S. Teresa ed allora vedemmo raccolta tutta la banda dei briganti, ed in mezzo ad essa dodici guardie nazionali di S. Pier Vernotico e di Cellino. Notai che Carmine Patisso [un brigante di Carovigno] stava ferito, e tutto intriso di sangue, e mi si disse che avendosi battuto con un carabiniere, era stato cosi offeso. In quello istante vidi venire lo stesso galantuomo che avea veduto il matino sopra un asino. Vidi che su lui corsero Lamorte, e Laveneziana e poi discorsero con lo stesso, senza sapere che dicevano. Notai che si minacciavano ma debbo credere che fu tutto una finzione per dimostrare innanzi alle guardie Nazionali come non era conosciuto.
Da quel luogo partimmo e ci dirigemmo verso la masseria Paticchio dove giunti si tolse una giumenta al padrone di quel luogo. Quindi essendo arrivati nelle macchie si fecero inginocchiare quattro delle guardie nazionali tutti di Cellino, due delle quali vennero fucilate da Giuseppe Laveneziana, ed una da Errico Lamorte. Al quarto venne sparato un colpo, ma non esplose. E siccome s’invoco’ dall’infelice la Madonna del Carmine cosi credendosi un miracolo, non venne più molestato. S… ai due Giovanni Spadafino il quale per lasciare un segno alle altre guardie nazionali fece a ciascuno un taglio all’orecchio. Dopo di che volle bruciare i cadaveri dei tre uccisi, e dette fuoco, senza sapere che altro fosse avvenuto.
Partiti da quel luogo andammo pria alla Masseria Siribanda, dopo trattenendoci per poco tempo nella notte in essa andammo nella Masseria Lapani dove ci trattenemmo la notte, portando sempre il ferito Carmine Patisso. Al mattino si parti’, e ci conferimmo nella Masseria Serranova. Cosi andando da masseria in masseria, a qualche dessa si trovava preparato il mangiare, a qualche altra ci bisognava la forza tanto per noi che per gli animali, ma nelle Masserie dei Liberali si commettevano danni e si facevano violenze.
Debbo dire che in diverse masserie ci facevamo preparare maccheroni, siccome avvenne nella Masseria dell’Acquaro non so se dal padrone, o dal massaro. Giunti a Crispano ci fermammo in detto paese, dove i due ferrari posero i ferri ai cavalli. Conosco che essendo giunta una lettera in detto luogo partimmo alle Le Pianelle, ivi essendo nata una questione tra Laveneziana e Valente, questi con circa dieci individui si separò, ed andò via. In seguito mi riuscì fuggire e non conosco quant’altro avvenne.
A dimanda a’ risposto ignoro le corrispondenze e coloro che sommenistravano messi, vedeva che di tanto intanto si allontanavano i capi e portavano bisacce di munizioni, ma non so dove andavano e donde venivano. Una sola volta vidi che il brigante Antonio Campana andò in un bosco e portò una bisaccia di palle e facotti di polvere che disse aver ricevuto da un guardiano, ma non saprei dire chi fosse stato costui.
Conosco che Giuseppe Valente mandò due biglietti di ricatto a d. Giuseppe de Nitto di Latiano, e che gli scrisse il brigante D. Angelo Quartulli di Ostuni, ma non so se si ebbero denari.
Ad ogni altra domanda, à risposto negativamente
Datogli lettura è stato ratificato ed à dichiarato a non saper scrivere, e lo à crocesegnato
Pria di licenziarsi à detto che Vincenzo Zaccaria non è stato mai per i briganti

X       Il Giudice Istruttor
         Matarrese
         Il Commesso
         Solipane

(AS Bari, Corte d’Assise, b. 83, vol. 74).

Continua

Ultima modifica il Giovedì, 14 Settembre 2017 09:39