Chiusa la campagna dell'olio. Buona la qualità poca la quantità
Mettendo da parte, solo temporaneamente i problemi derivanti al comparto dalla Xylella, la campagna olivicola che ci è appena conclusa può catalogarsi a quattro stelle. La quinta stella poteva esserci se non si fosse verificato un calo di produzione dovuto sia alla “pandemia” da Xylella ormai giunta prepotentemente anche in provincia di Brindisi, nonostante l'avanzamento verso nord della Xylella, con piante positive e sintomatiche, che in alcune zone della parte sud della provincia sono già particolarmente evidenti, sia al clima pazzo, dal maltempo alla siccità, che ha caratterizzato l’autunno-inverno. Per non parlare degli effetti del Covid-19 che ha sconvolto la produzione e i mercati. La campagna che si appena conclusa, quindi, è stata dal punto di vista della qualità ottima giacché si sono ottenuti olii molto equilibrati. “Le olive che sono arrivate nelle cooperative, specialmente nei mesi ottobre e novembre, hanno permesso di ottenere un prodotto ottimo”, ha spiegato Carmelo Dellimauri, presidente Coldiretti di Mesagne -. Le quantità lavorate quest’anno sono state al di sopra di ogni più rosea aspettativa, considerando ovviamente il problema Xylella che ormai ha colpito in pieno anche il nostro areale”. Secondo il presidente Dellimauri “le aspettative per i prossimi anni, dal punto di vista quantitativo, non possono essere certo buone, ma alcuni fattori ci fanno ben sperare”.
Infatti, gli olivicoltori hanno iniziato a fare i nuovi impianti di oliveti con le due varietà tolleranti la Xylella, il Leccino e la Favolosa, “molti hanno partecipato al bando regionale per l’estirpazione e reimpianto, il comparto quindi resisterà “all’onda d’urto” della Xylella e credo che nei prossimi anni sarà un comparto sicuramente molto più professionalizzato che punterà molto sulla qualità dell’olio extravergine di oliva”, ha concluso Dellimauri. Archiviata, quindi, la molitura delle olive adesso i produttori brindisini hanno rivolto la loro attenzione alla commercializzazione dell’oro giallo. In particolar modo dell’olio extravergine di oliva. Con lo scoppio della pandemia, infatti, il rapporto con il cibo è cambiato con l’alimentazione che è diventata una delle vie per cercare di mantenere la salute, come dimostra il boom della domanda di olio extravergine nel 2020 che ha spinto la crescita annuale degli acquisti del 12%. Anche se durante i primi nove mesi del 2020 si è registrato un calo dello 0,5% delle esportazioni di olio extravergine verso l’estero, quando la domanda estera di olio imbottigliato è arrivata soprattutto dagli Usa (+28) e dalla Francia (+42%). Così, in attesa che vengano strette le maglie larghe della legislazione per non cadere nella trappola del mercato per approfittare dell’annata Made in Italy, il consiglio è di guardare “con più attenzione le etichette – ha spiegato Coldiretti – e acquistare extravergini a denominazione di origine Dop e Igp, quelli in cui è esplicitamente indicato che sono stati ottenuti al 100 per 100 da olive italiane o di acquistare direttamente dai produttori olivicoli, nei frantoi o nei mercati di Campagna Amica”. “Un olio extravergine di oliva di qualità – ha concluso Coldiretti – deve essere profumato all’esame olfattivo, deve ricordare l’erba tagliata, con sentori vegetali e all’esame gustativo deve presentarsi con sentori di amaro e piccante, gli oli di bassa qualità, invece, puzzano di aceto o di rancido e all’esame gustativo sono grassi e untuosi”.
Chi ha il polso della reale situazione del comparto olivicolo provinciale, e non solo, è il presidente di Coldiretti, Filippo De Miccolis Angelini, che ha tracciato un bilancio della campagna olivicola 2020/2021 che si è svolta in piena pandemia.
Presidente quali sono state le difficoltà che gli olivicoltori hanno incontrato.
“Se pur tra mille incertezze i nostri olivicoltori hanno dato il massimo in questa campagna, cercando ancor più di conferire al proprio prodotto qualità e distintività. Naturalmente la pandemia ha portato con sé maggiori costi ed adempimenti burocratici, richiedendo un sacrificio alle aziende, che non sempre ha trovato poi un ristoro nelle politiche di stimolo. Inoltre, molte delle nostre aziende, anche grazie ad investimenti nella vendita diretta o la ricettività agrituristica, avevano travato nel mercato turistico estero un importante sbocco commerciale, oggi purtroppo assente e la zona rossa sino al periodo pasquale di sicuro non aiuta”.
Parliamo di qualità e quantità. Due indicatori importantissimi per l’economia del comparto.
“Quest’anno qualità e quantità hanno trovato un ottimo equilibrio nella provincia di Brindisi. Le favorevoli condizioni climatiche in particolar modo per chi ha raccolto nella prima fase della stagione hanno garantito dei fruttati eccellenti ed olii corposi e ben equilibrati, ricchi del tipico carattere pugliese, così apprezzato dalle tavole di tutto il mondo. Purtroppo il dato della nostra provincia è in controtendenza rispetto al dato regionale, decisamente negativo, specialmente per i territori maggiormente colpiti dalla Xylella”.
La Xylella sta devastando il patrimonio olivicolo provinciale. Come vi state attrezzando per riconvertire le produzioni.
“
Tante aziende del nostro territorio stanno dando un encomiabile esempio di spirito imprenditoriale, piantando nuovi uliveti di varietà leccino e fs17, le uniche al momento consentite perché resistenti, non immuni, al batterio. Purtroppo i bandi attualmente esistenti sono inidonei per dotazione e percentuale di investimento richiesto agli imprenditori, a far da vero stimolo ad una rinascita olivicola della nostra regione, basti pensare che delle 8133 domande pervenute all’assessorato regionale all’Agricoltura per la concessione dei fondi per la rigenerazione olivicola dei territori colpiti da Xylella, ne sono state finanziate solo 521 e sono passati solo 23 progetti collettivi, a fronte di una richiesta complessiva per 216 milioni di euro”.
È arrivato quindi il momento non solo di ribadire che la nostra regione necessita di un piano olivicolo.
“Certamente. È necessario un piano olivicolo nazionale e ridare con i fatti all’agricoltura il ruolo centrale che realmente rappresenta per il nostro territorio. Bisogna pianificare specifici interventi strutturali, per garantire acqua, infrastrutture, digitalizzazione ed accesso alle moderne meccanizzazioni e tecnologie per le nostre aziende, così come delle adeguate politiche del lavoro”.
Cosa prevede nel prossimo futuro sul fronte del mondo olivicolo.
“Ci aspettano anni difficili oltre i quali saremo capaci di creare una nuova rinascita per il nostro settore, in cui l’olivicoltura sarà ancora più moderna ed improntata a qualità e sostenibilità. La Puglia è il maggior produttore nazionale di olio, bisogna partire da questo primato, affermare con forza la distintività delle nostre produzioni e del brand Puglia. La nostra federazione sta dando il giusto supporto alle nostre aziende, informando costantemente i nostri associati con quelle che sono le opportunità per il nostro settore e incrementando le attività di formazione (on line) per qualificare ancor più i nostri imprenditori e prepararli ad un mercato sempre più competitivo”.
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