Valorizziamo e caratterizziamo il Brindisi Doc aggiungendo Appia Antica
“Il riconoscimento Unesco della via Appia Antica dovrà avere una ricaduta geo-economica sui territori che attraversa. Ieri come oggi”. A dirlo sono stati in primis gli esperti che per anni hanno studiato la “Regina viarum” per realizzare il dossier che è stato presentato all’Unesco, ma, soprattutto, lo ha detto Angelo Maci, presidente del Consorzio Brindisi Dop e presidente delle Cantine Due Palme di Cellino San Marco. In pratica l’idea di Maci è di associare alla dizione ministeriale “Brindisi Dop” quello di “Appia antica”. Attualmente i vini che possono fregiarsi della denominazione di origine protetta «Brindisi» devono essere ottenuti dalle uve prodotte dai vigneti ubicati in agro di Brindisi e Mesagne. “L'origine della denominazione Dop Brindisi è da attribuirsi ad alcuni produttori storici presenti nel comprensorio di produzione, rappresentato dai comuni di Brindisi e Mesagne, i quali già a partire dai primi anni del secolo scorso producevano vini rossi e rosati a base di Negroamaro e Malvasia Nera”, ha spiegato il presidente Maci.
Nel 1976, grazie anche all’affermazione di tali vini su mercati nazionali e internazionali, è stata istituita la Denominazione di Origine Brindisi. Per assicurare la linearità di produzione “le condizioni ambientali e di coltura dei vigneti destinati alla produzione dei vini a Denominazione di origine protetta devono essere quelle tradizionali della zona di produzione e comunque atte a conferire alle uve ed ai vini derivati le specifiche caratteristiche di qualità. I sesti d'impianto, le forme di allevamento ed i sistemi di potatura devono essere quelli generalmente usati o comunque atti a non modificare le caratteristiche delle uve o dei vini”, ha proseguito il presidente. Le rese massime di uva per ettaro in coltura specializzata per la produzione dei vini devono essere al massimo 150 quintali per ettaro mentre i titoli alcolometrici naturali minimi delle relative uve destinate alla vinificazione possono avere un grado zuccherino minimo di 18 Babo. Insomma, si tratta di un disciplinare ben rigido che garantisce ai consumatori finali il massimo della qualità. Per caratterizzare maggiormente questo vino in ambito nazionale e internazionale il presidente Maci ha pensato che alla dizione classica riconosciuta dal ministero delle politiche Agricole e Forestali potrebbe aggiungersi la dizione “Appia Antica” che va a qualificare maggiormente il territorio vocato alla viticoltura.
Sull’antica via Appia, infatti, transitavano i mercanti che da Brindisi imbarcavano le anfore piene di vino per l’Oriente. “L’Unesco con la decisione di inserire la via Appia Antica nel suo patrimonio mondiale ha dato, soprattutto, una potenziale svolta socio-economica ai nostri territori – ha sottolineato il presidente Maci – sempre che le istituzioni sappiano gestire bene questo riconoscimento. Ecco perché la mia proposta è di utilizzare al meglio questo riconoscimento nel nostro settore enologico. Da parte mia ho già dato mandato ai nostri tecnici di interfacciarsi con il ministero alle Politiche Agricole e Forestali per concordare l’eventuale procedura da seguire per l’integrazione di denominazione di origine controllata”.
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