assassinio e una settimana dopo che il suo nome è stato letto, insieme a quello di mille altre vittime in decine di piazze italiane in occasione della ventiquattresima “Giornata della memoria e dell’impegno per le vittime innocenti di tutte le mafie”, un nuovo giardino è stato intitolato a Marcella Di Levrano, ammazzata nel 1990 a Mesagne dagli uomini della mafia. All’inaugurazione erano presenti il sindaco e l’assessore alla Pace di Rivoli, Franco Dessì e Marisa Maffeis, insieme al locale presidio di “Libera”. La titolazione è giunta al termine di un percorso consultivo con le scuole e con il Consiglio comunale dei ragazzi della cittadina alle porte di Torino. Non potendo partecipare alla cerimonia di intitolazione, la mamma di Marcella, Marisa, che da anni, sostenuta da “Libera”, l’associazione presieduta da don Ciotti, porta la storia della morte e della vita di Marcella in giro nelle scuole di tutt’Italia, invocando per lei verità e giustizia, ha fatto pervenire agli amministratori il seguente messaggio: “Commossa e coinvolta, vi ringrazio per avere a cuore la storia di mia figlia. E’ un onore e uno stimolo per me pensarla nel pezzo di giardino che volete intitolarle. Sono certa che anche Marcella è presente. La sua bellezza ed il senso profondo della sua storia continuerà a vivere ed io continuerò nel mio impegno, portando piccoli semi di speranza tra i giovani e chi si si porta nel cuore e nella mente un futuro di giustizia, legalità e amore. Grazie di cuore a tutti. Un abbraccio sentito ai ragazzi del Consiglio comunale”. Dopo quest’ultima intitolazione, forse è davvero giunto il momento di chiedersi se non sia non più rinviabile la decisione che, anche nella città in cui è nata e sepolta, venga finalmente dedicata a Marcella una via od altro, rendendo così viva la memoria delle vittime innocenti della criminalità organizzata nella realtà di ogni giorno. Marcella Di Levrano, la giovane mesagnese fu trucidata nel 1990 a colpi di pietra perché si era ribellata alla Scu. Aveva deciso di farlo per dare un futuro migliore alla propria figliola. La storia di Marcella è tutt’oggi una cold case priva di soluzione. Marcella, seconda di tre sorelle, fu uccisa a colpi di pietra il 5 aprile del 1990 il suo corpo fu ritrovato con il volto sfigurato nel boschetto in contrada Lucci, nelle campagne tra Mesagne e Brindisi. Finita nel giro della droga Marcella voleva uscirne per proteggere la sua bambina, avuta dal rapporto con un uomo che l’aveva abbandonata, e dargli un futuro diverso dal suo. Non gli fu permesso poiché la mafia temeva che potesse parlare con gli investigatori e mettere a rischio l’organizzazione criminale. Marcella, infatti, fin da adolescente aveva un diario su cui annotava tutta la sua vita. Sia i momenti belli sia quelli difficili. Probabilmente fu proprio quel diario a far tremare i sodali dell’organizzazione criminale che gestiva il traffico di droga temendo che quelle parole, quelle righe, potessero aiutare gli investigatori a comprendere il tutto e smantellare il giro che fruttava all’organizzazione centinaia di milioni di lire. Fu la sua condanna a morte. A oggi nessuno ha mai confessato quell’omicidio né tanto meno nessuno è mai riuscito a risolverlo. Alcuni sospetti ci sono sempre stati ma prove per inchiodare i killer alle loro responsabilità non ne sono state trovate. Nemmeno i collaboratori di giustizia hanno saputo, o voluto, fare luce su questo efferato omicidio. I sodali della Sacra corona unita, infatti, non hanno mai fornito i dettagli per incastrare l’assassino. Un fatto piuttosto strano quanto anomalo.
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