La parola “festa” deriva dal latino festum, che è la forma arcaica di feriae, cioè la sospensione dalle attività quotidiane, un tempo dal duro lavoro dei campi, oggi da ogni altra attività; lo scopo di festeggiare una qualche divinità era ed è strumentale alla festa stessa. Un fatto accaduto, storicamente vero, o qualcosa di inventato, andavano entrambi bene perché con il tempo e grazie alla festa, diveniva mito, si conservava il ricordo e lo si tramandava. Ad accompagnarci in questo viaggio tra le feste di ieri e di oggi c'è il professor Marcello Ignone, docente esperto, formatore specifico e ricercatore di storia, cultura locale, beni culturali; ultima pubblicazione: "Contributo allo studio dei soprannomi a Mesagne" mentre è di prossima pubblicazione: "Giochi tradizionali mesagnesi; dizionario del dialetto mesagnese".
Professore perché oggi le comunità in estate sentono il bisogno di far festa?
«Ogni festa è un evento culturale e sociale e, purtroppo, oggi è vero anche il contrario. Per ogni comunità è un bisogno, una continua e necessaria scoperta identitaria, un ritrovare la memoria storica che, in quanto tale, va comunicata, appunto messa in comune».
I nostri antenati dividevano l’anno e le stagioni anche per mezzo delle feste.
«E' vero. In pratica le attività agricole dei nostri avi finivano con una festa che serviva a differenziare l’attività pubblica, appunto la festa, dall’attività privata, il lavoro quotidiano».
Insomma la festa, sacra o profana che fosse, era un momento straordinario di pausa, da celebrare e commemorare.
«Si direbbe che oggi, in piena era digitale é scomparso o non più centrale nell’economia e nella società il ciclo agrario, almeno non presente come un tempo, non dovrebbe più esistere la festa, ed invece assistiamo al proliferare di tantissime feste, commemorazioni, rievocazioni storiche, cortei, processioni religiose di ogni genere, fiere, sagre e feste patronali (in estate nel nostro Salento c’è solo l’imbarazzo della scelta). Il motivo è lo stesso di quello di ieri: il tempo festivo interrompe il tempo del lavoro, la pausa della festa rompe i ritmi ossessivi della frenetica vita quotidiana. Per quanto concerne il periodo estivo, va detto che in realtà le feste, religiose o meno, sono sparse nel corso dell’anno: da Natale a Pasqua, passando per la festa per eccellenza, il Carnevale. Al di là delle origini agrarie, dopo la raccolta del grano si festeggiava, l’estate è per una comunità il periodo più adatto, come stagione e come abbondanza di cibo, per incontrarsi e vivere all’aperto anche le ore notturne".
I giovani oggi sembra che snobbino le feste religiose a favore delle feste ludiche. Perché?
«Il gruppo sociale dei giovani è parte integrante della collettività; i giovani non snobbano la festa patronale; hanno semplicemente più feste, a differenza di alcuni decenni fa. A scuola festeggiano la fine dell’anno scolastico o del ciclo di studi superiori o la laurea; festeggiano la comunione e la cresima; festeggiano i compleanni sin dall’infanzia per arrivare a festeggiare il diciottesimo anno in modo hollywoodiano. Bisogna ammettere che i giovani e non solo loro, sono impegnati costantemente a festeggiare qualcosa o qualcuno. La famiglia, la scuola, le associazioni, le istituzioni favoriscono i festeggiamenti di ogni genere. Penso siano semplicemente stanchi».