è Fabio Marini, presidente dell’associazione antiracket e antiusura “Legalità e sicurezza” di Mesagne e membro nazionale della Federazione delle associazioni antiracket.
Marini, secondo lei la città di Mesagne riuscirà mai a debellare il cancro della Scu dal suo tessuto sociale?
Certamente si può riuscire, dipende da noi. Ne abbiamo parlato martedì scorso al Viminale all’incontro con il Ministro Alfano e con il capo della polizia Pansa in occasione dei 25 anni della Fai – la Federazione delle Associazioni Antiracket e Antiusura - fondata da Tano Grasso di cui Mesagne fa parte. Per riuscire, diceva Alfano e noi di questo ne siamo convinti, basta interrompere il circuito. Il circuito si può interrompere solo prendendo le distanze da alcuni “personaggi” e denunciando i reati subiti.
Com’è cambiata la criminalità locale dagli anni di piombo a oggi.
È cambiato tutto. Purtroppo, però, una cosa è rimasta uguale: il consenso popolare che la rende ancora più forte. Negli anni di piombo avevamo un sodalizio criminale imponente e violento. Ero piccolino, ma ricordo benissimo il coprifuoco in molte zone della nostra Mesagne o della nostra provincia che erano impenetrabili. Paradossalmente pur essendoci una mafia più forte e più violenta la cittadinanza tutta ha avuto il coraggio di reagire. Oggi, invece, pur essendo molto più debole è ben radicata sul territorio. Ha cambiato strategie. Ogni provincia è autonoma, o addirittura ci sono diverse zone e gruppi nella stessa provincia, vige la cosiddetta pax mafiosa, si sono suddivise le aree e ciascuno rispetta i confini dell’altro. Non vi è un capo al vertice ma diversi gruppi criminali. È molto silenziosa, ci sono pochissimi eventi eclatanti, ma il dato allarmante è che gode del consenso popolare. Parlo ovviamente a livello interprovinciale, ma anche nella nostra Mesagne gode purtroppo dell’approvazione della gente soprattutto in alcuni ceti sociali. Negli ultimi anni abbiamo sottovalutato il fenomeno criminale nella nostra città, forse perché i mafiosi sono diventati invisibili oppure abbiamo pensato che per risolvere un nostro problema era più semplice contattare il “personaggio” di turno anziché rivolgerci alle Istituzioni.
Racket e pizzo: qual è l’attuale situazione locale e provinciale.
Il pizzo è rimasto, lo dico da sempre, un’attività ancora praticata, seppur in maniera ridotta con le dinamiche che cambiamo da paese in paese. Cifre ridotte, anche loro si sono adeguati alla difficile situazione economica, ma soprattutto ci sono diverse forme di pizzo. Alcune volte i cittadini oppure gli operatori economici non sono nemmeno consapevoli che, di fatto, stanno pagando il pizzo. Mi spiego, se il personaggio di turno si reca nel negozio di abbigliamento, facendo rifornimento di abiti e non paga, sempre pizzo è. Oppure nelle campagne o sui cantieri con l’imposizione della guardiania. In altre circostanze si obbligano gli operatori economici ad acquistare da un fornitore piuttosto che da un altro. Sono tutte forme estorsive, che si aggiungono a quella classica della semplice richiesta di denaro.
Cosa bisognerebbe fare per ostacolare la criminalità e, invece, non si è fatto.
Bisogna riprendere quel fermento culturale antimafioso che la nostra Mesagne ha avuto per diversi anni. Mi riferisco agli anni dal 2002 al 2007 in cui, fortemente sollecitati dal sindaco Mario Sconosciuto, vi era un vero e proprio fermento di gruppi, associazioni, chiesa con continua e forte sensibilizzazione in cui Mesagne fu definita Città dell’Antimafia. Furono anni in cui nacque la nostra associazione antiracket “Legalità e Sicurezza”.
La politica che ruolo gioca su questa scacchiera.
La politica gioca un ruolo fondamentale. Dando l’esempio, svolgendo il proprio ruolo con serietà, onestà, trasparenza, partecipazione e soprattutto vigilando e tutelando la cosa pubblica da eventuali infiltrazioni mafiose. Gli amministratori su questo fronte hanno fatto il loro dovere civico? La nostra Mesagne, per fortuna si. Noi abbiamo avuto la fortuna di avere sindaci del calibro di Cosimo Faggiano, Damiano Franco, Mario Sconosciuto, Enzo Incalza, fino a Franco Scoditti e Pompeo Molfetta attuale sindaco. Ciò non basta. Affianco al loro esempio ci deve essere una consapevolezza popolare che porti in ogni ambito la cultura della legalità.
Come vede il futuro di Mesagne sul fronte del contrasto alla criminalità organizzata.
Tano Grasso, tempo fa in visita a Mesagne disse: “Se ci siamo riusciti a Palermo e Napoli, si può riuscire ovunque”. Con questo voglio dire che è necessaria la collaborazione di tutti i cittadini e operatori economici. Noi, continueremo nell’attività di sensibilizzazione nelle scuole, nelle chiese, tra gli operatori economici e nel collaborare con le altre associazioni presenti sul territorio prima fra tutte l’associazione Libera di don Luigi Ciotti. A Mesagne ci sono tantissime sensibilità che devono essere incoraggiate a mettersi insieme e ripartire in maniera decisa avendo l’Amministrazione comunale in testa. Magari riattivando l’Osservatorio permanente della legalità, fortemente voluto dalla nostra associazione e dal mio predecessore Umberto Maizza.