Adesso si fa sul serio In evidenza
Ad urne aperte, quando gli animi si sono tranquillizzati, è giusto fare una breve analisi sul voto espresso dagli elettori per il rinnovo del Consiglio regionale. Partiamo da un assunto, ovvio per tutti, secondo il quale in ogni competizione elettorale che si rispetti, nessuno ha perso e tutti hanno vinto. Eppure il governatore Michele Emiliano ha battuto Raffaele Fitto con uno scarto del 7,85% e, lo ha fatto, però, col fiato sospeso e col timore di non farcela. Egli stesso, infatti, ha confessato, durante la prima conferenza stampa delle scorse ore, che fino a gennaio 2020 non era tanto sicuro della sua riconferma. Probabilmente la maggiore esposizione mediatica acquisita durante le fasi dell’emergenza Covid ha dato la svolta sperata. Secondo il conteggio del Ministero degli Interni Emiliano avrà 27 consiglieri, Fitto 17 e il Movimento 5 stelle ne avrà 5.
Così, se in Puglia il governatore ha fatto l’en plein di voti la stessa cosa non si può dire in provincia di Brindisi poiché, Emiliano, è stato messo al tappeto da Raffaele Fitto con uno scarto del 3,22%. La provincia di Brindisi, quindi, resta caposaldo del centrodestra, anche se con pochi punti di scarto. Delle liste a supporto del governatore, il Pd si conferma primo partito con 23.508 preferenze, pari al 14,8% e con una marcia in più in quel consigliere riconfermato (Fabiano Amati) che nella sua città è stato capace di racimolare maggiori consensi personali rispetto a quelli riportati da candidato governatore Raffaele Fitto.
Subito dietro al Pd, la lista “Popolari con Emiliano”, con 13.697 preferenze pari all’8,6%. Il terzo posto lo ha preso la civica “Con Emiliano”, conquistando 6.857 preferenze pari al 5,1%. Al termine del conteggio, e salvo ridefinizioni del Ministero degli Interni, la provincia di Brindisi esprimerà 5 consiglieri regionali: Fabiano Amati (Pd), Mauro Vizzino (Popolari con Emiliano), Luigi Caroli (Fratelli d’Italia), Maurizio Bruno (Pd) e Alessandro Antonio Leoci (Con Emiliano).
Poi c’è Mesagne. Perché il vero vincitore di questa tornata elettorale per le regionali è Vizzino (3.903 voti ottenuti, superiori a quelli di Fitto che si ferma a 3.747), ma, esclusivamente, sul piano nominale, ovvero quello consegnato dalla lettura delle schede scrutinate. Il vero vincitore, infatti, è Toni Matarrelli che ha dimostrato doti di stratega politico. E’ lui che ha vinto, motivando il gruppo e in un certo senso ha fidelizzato quanti un anno addietro avevano lasciato altre sponde per essere “in sintonia” con lui. Intanto, il Pd locale sembra essere uscito dall’isolamento in cui è stato: il voto all’unico candidato politico della compagine e quello altrettanto significativo verso gli altri 4 candidati dice che si è ripristinato un canale di comunicazione interrotto e forse quello che ha di fronte può essere un cammino di ricostruzione.
Di certo il segretario cittadino-provinciale può considerare questo turno elettorale come un turno incoraggiante a ripartire con grande umiltà, quella stessa che aveva ripristinato i gruppi di studio e di ricerca all’interno del partito prima che il lock down stoppasse le attività. Certamente è stata una scelta saggia quella di non candidare mesagnesi alle regionali, ma ciò che sembrava prematuro tempo addietro può venire a maturazione in tempi non lunghi: parliamo di un dialogo a sinistra che certamente adesso non c’è, vuoi perché Matarrelli, per quanto di sinistra possa essere, ha nella sua compagine un’ampia rappresentanza di forze politiche che proprio di sinistra non sono, vuoi perché le prove di dialogo se sono come quelle fin qui tentate, dove uno parla, l’altro ascolta e si adegua, non portano da nessuna parte, soprattutto se poi le decisioni calano dall’alto.
Di esse, in tempi passati, ciascuno dei chiamati a confronto ha fatto ampia esperienza e forse è meglio – egoisticamente per Mesagne - che se “pontieri” ci sono inizino presto a muovere i primi passi. “Vincere e non stravincere”, dicevano i vecchi politici. Qui a Mesagne bisogna fare un passo ancora più indietro e partire dalla buona educazione e dal reciproco rispetto. In giro ce n’è poco, in campagna elettorale non si è visto e probabilmente occorre che oltre la facciata, che nemmeno qualche volta si salva, ci si riconosca, da nemici, e da avversari, persone in dialogo, condannati ad un destino comune: quello di avere a cuore le sorti di una comunità che adesso - oltre gli spot (alcuni confezionati anche male) - è chiamata ad affrontare mesi difficili. Chi non se ne fosse accorto, farebbe bene a tirare il capo fuori dalla sabbia.
Il direttore
Tranquillino Cavallo
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