Lo ha detto chiaramente ieri sera in un’affollata conferenza stampa in cui, come aveva promesso da tempo, ha comunicato la “sua” verità sulla fine anticipata della legislatura. “Da domani riprendo in mano la mia vita – ha spiegato – riprenderò a fare il medico e farò politica perché per me, quest’ultima, è una passione”. Intanto, il prefetto di Brindisi, Valenti, ieri pomeriggio ha nominato Pasqua Erminia Cicoria commissaria del Comune di Mesagne. Già da stamattina giungerà in città per prendere in consegna l’ente. Intanto, ieri sera Pompeo Molfetta è stato un fiume in piena. Si è tolto diversi sassolini dalla scarpa e ha accusato i suoi ex partener di governo di averlo osteggiato nelle funzioni istituzionali. In particolare nella nomina degli assessori che non sarebbe stata una sua prerogativa: “Ho ceduto la mia sovranità istituzionale – ha detto – alla mia maggioranza”. Nei rimpianti ci ha messo anche quelli di “non aver tutelato la mia figura di sindaco con una giunta composta da gente a me fedele”. Poi ha parlato del gap di comunicazione che ha caratterizzato il suo mandato ed ha plaudito nel constatare che ha lasciato una città con dei valori molto alti di “civismo e legalità”. Molfetta ha rimproverato ai suoi ex partner di non aver voluto un confronto in Consiglio comunale per parlare della situazione finanziaria dell’ente ed ha confessato che avrebbe dato immediatamente le dimissioni se solo un consigliere avesse chiesto lumi sulle criticità del Comune. Ma ciò che veramente l’ha fatto arrabbiare è stata l’accusa di avere un carattere scostante e chiuso. Infine, ha rivolto al governatore Michele Emiliano delle accuse ben precise circa un presunto veto posto ai progetti che arrivavano da Mesagne. “Dopo le mie dimissioni – ha confessato l’ex sindaco - ho avuto la solidarietà di tanta gente e istituzioni. Questo è importante perché dirada la cortina di fumo che è stata creata ad arte per dipingermi come “nu tursu”, come un Mangiafuoco che non parla ma ringhia. Accuse che mi avevano fatto venire tanti dubbi sulla mia personalità”. Accuse che, in ogni modo, Molfetta ha lasciato cadere grazie allo “slancio di calore umano che ho avuto in queste ore e che mi hanno definitivamente liberato da quest'incubo. Sono un uomo normale e, soprattutto, non sono solo perché tanta gente ha apprezzato il mio modus operandi”. Con amarezza, l’ex primo cittadino, ha spiegato che “tutto si è compiuto nel modo più squallido possibile. Eppure ne ho viste tante, ma la scena di lunedì non l’avevo ancora vista. Consiglieri comunali che uscivano trafelati dal notaio senza alzare lo sguardo dal marciapiede e che rapidamente si dileguano”. E, quindi, ha aggiunto: “Questo misfatto non disonora il sindaco ma l’intera città che avrebbe meritato un altro epilogo; queste faccende si risolvono a viso aperto in Consiglio comunale e non dal notaio”. Molfetta ha contestato anche il comunicato della maggioranza, seguito alle dimissioni “perché mi pare inverosimile, poiché hanno affermato che il progetto politico è fallito perché il sindaco, da subito, si è dimostrato incapace di rapportarsi con la sua maggioranza, e la sua diffidenza e irriverenza è diventata strutturale”. Eppure Molfetta ha giurato di non essersi mai sottratto al confronto politico. “Non ho mancato un solo incontro di maggioranza – ha precisato - anche quando gli incontri erano una sorta di santa inquisizione dove si giudicava l’eretico con il fine di farmi cadere sul bilancio. Perché quello doveva essere il vulnus su cui incentrare la battaglia della sfiducia”. Con rammarico Molfetta ha concluso che “questa fine così traumatica e ingloriosa, annunciata e tenacemente perseguita da mesi, ha già prodotto i suoi effetti sulla città perché tutto è stato travolto nella pozzanghera del fango, anche quello che di buono oggettivamente abbiamo fatto”.
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