Pier Luigi Lopalco è professore ordinario di Igiene presso l'Università di Pisa ma si è laureato all'Università di Bari. Dal 2005 al 2015 ha lavorato presso il Centro europeo per la prevenzione ed il controllo delle malattie (ECDC) a Stoccolma, dove è stato capo del programma per le malattie prevenibili da vaccino. Ha pubblicato oltre 170 articoli su riviste scientifiche accreditate nazionali ed internazionali».
Il Prof. Pier Luigi Lopalco nasce a Mesagne il 25 marzo 1964 da Francesco Lopalco e Alba De Bonis. Il nonno materno del professore è stato un valentissimo insegnante elementare, Vincenzo Daniele De Bonis (1881-1944). Egli aveva sposato Addolorata Pasimeni, detta Rata, la quale era sorella del papà dell'altro insegnante elementare, Alberto Pasimeni, il quale abitava in via Guglielmo Marconi. Dopo la prematura scomparsa del marito, la signora Rata Pasimeni spostò la sua residenza in via Gualtiero D'Ocra al numero civico 56 (rione Sant'Andrea), dove insieme con le sue tre giovani figlie gestiva un negozio di tessuti ed una scuola di ricamo e di cucito. In questa bella casa il giovane Pier Luigi ha trascorso parte della sua fanciullezza.
Francesco, il padre del professore, era un sottufficiale di polizia a Genova, che, dopo il matrimonio con Alba De Bonis nel 1955 fu trasferito a Lecce, dove tutti i figli sono vissuti, sebbene tutti siano nati a Mesagne.
Il Maestro elementare Vincenzo De Bonis ed il nipote Pier Luigi Lopalco, epidemiologo
Il Maestro De Bonis conosceva bene il latino ed il francese, era un compositore e insegnava a cantare ai suoi alunni. Molti anni fa me ne parlava il signor Crastolla, vissuto per molti anni in Inghilterra e deceduto da diverso tempo, il quale mi canticchiava una canzone che il buon maestro gli aveva insegnato e che esordiva così:
Alla strata ti Bacconi ndo nci stai fiuri ognora,
sta nfacciata allu farconi Cuncittina la fattora.
Prometto di pubblicare in un prossimo articolo i versi seguenti di questo antico canto, fresco e storicamente suggestivo, del vernacolo mesagnese. Il mio rammarico tardivo è che quando nel 1988 il Professore Roberto Alfonsetti, studiando una bellissima canzone del Maestro De Bonis, chiedeva a me (io gli avevo fornito il testo della canzone) chi fosse il De Bonis e se avesse avuto parenti, io non riuscii a soddisfare la sua curiosità.
Molti anni dopo, nel momento in cui il Maestro elementare Alberto Pasimeni (che era cognato di mia sorella Maria) è scomparso il 9 agosto 2006, ho scoperto che Vincenzo De Bonis era suo zio e che lo stesso Alberto, maestro anche di pianoforte, aveva imparato a suonare ed era divenuto insegnante elementare grazie allo zio.
Il povero Alberto, a me sempre caro, avrebbe potuto raccontarci tanti aneddoti e fornirci anche tanto materiale riguardante il suo ascendente.
Luigi Pasimeni, fratello di Addolorata Pasimeni, con il nipote Alberto Pasimeni, in via Gualtiero D’Ocra, 54
E' interessante riportare alcuni stralci di uno scritto del Professore Alfonsetti e pubblicato dalla Rivista Castrum Medianum, Anno I n. 3, settembre-dicembre 1988.
«PALMITELLA, Canto simposiaco di V. De Bonis. Questa composizione che porta la data del 19 settembre 1909 (parole di V. de Bonis) e musica del m. Ferdinando Fasano, costituisce un documento interessante e, per molti aspetti, unico di canto simposiaco composto a Mesagne agli inizi del secolo. Dell’autore del testo, un colto e noto Maestro elementare dell’epoca e del compositore, rinomato musicista anche in ambito di varie “Piedigrotte” partenopee, altri potrà illustrare biografie e “curricula”, auspicabilmente pubblicando documenti inediti».
Alfonsetti si riferiva a me che in quei giorni stavo preparando una biografia del Maestro Fasano, ma soprattutto mi accingevo a pubblicare una canzone, rimasta inedita, che avevo raccolto dalla viva voce di una anziana signora soprannominata La Cianna.
Continua Alfonsetti: «A noi qui basterà raccogliere e proporre, da lettore a lettore, qualche osservazione stilistica e personale. Intanto per quel che ci è dato sapere (e quanto vorremmo essere smentiti!), “Palmitella” è la sola canzone conviviale mesagnese ben codificata e stampata, e quindi sottratta agli arbitri di problematiche trasmissioni orali, con annessi disperati tentativi di cervellotico risanamento di “loci deperditi”!
Va anche aggiunto che ci troviamo di fronte forse per la prima volta ad un testo notevole per sviluppo e articolazione: infatti, se frequente deve essere dall’antichità ad oggi, la formulazione di festanti voti beneaugurali nel bel mezzo del fermento bacchico di una cena agreste, quasi mai, da noi, si andò al di là di improvvisati e rozzi distici baciati, di cui era inevitabile che si perdesse la memoria storica.
Il canto si snoda leggero lungo sette strofe, ciascuna delle quali costituite da due quartine, rispettivamente di settenari e di quinari. L’aggettivazione è dotta e accademica (v. cantasi, sentonsi, licor), e pur tuttavia l’insieme risulta piacevolmente calibrato. Indubbiamente, siamo lontani dalle atmosfere conviviali evocate da Orazio e Catullo, così impregnate di sensualità e di odori e di sapori, così come qui manca, a dare maggiore sapidezza al tutto, l’invito al “carpe diem” nella problematicità, in futuro, di un’altra cena e di un’altra libagione.[…]
Nella Palmitella di De Bonis tutto è luce e allegria, seppur raggelate in un manierismo cinquecentesco non privo di una sua politezza formale. La strofa finale, poi, con l’apostrofo di ringraziamento e l’augurio conclusivo al munifico ospitante, riecheggia vagamente Pindaro ed una certa melica di derivazione greca […]».