Redazione

Sono passati sette anni da quando ci ha lasciato ma non si possono dimenticare la sua gentilezza, l’educazione, il silenzio, la discrezione, la semplicità, l’umiltà, che lo hanno reso ciò che era e che è rimasto impresso nella mente di tutti, tifosi e non. “Roberto mi manca nel caos delle parole inutili, dei valori assurdi, delle menate, in questo frastuono di cose vecchie, col vestito nuovo. Mi manca tanto il suo silenzio” dice con tono accorato un suo amico intimo. Manca, senza che nemmeno ce ne accorgiamo, anche a tutti noi. Oggi sono sette anni,  Dio solo sa quanto ne avremmo davvero bisogno tutti; ci manca il calcio gentiluomo e carismatico di una persona perbene. La sua generosità e aiuto ai compagni altro non erano che manifestazioni calcistiche del suo altruismo. L’eleganza e la gentilezza di Roberto, sono stati e saranno per sempre il più bel manifesto che hanno meglio  incarnato il  suo stile. 

Quando il calcio era solo un gioco esistevano per ogni squadra i giocatori bandiera, Roberto non era un fuoriclasse, ma un ragazzo dalle doti umane fuori dal comune. Il suo percorso nella sua città ha rivelato a tutti le sue qualità che andavano ben oltre le sue capacità a prendere il pallone a pedate: un gentiluomo che non aveva mai perso l’umiltà e l’umanità, in grado di ascoltare, un leader positivo. Così è diventato ciò che a nessuno, neanche ai campioni più osannati, riuscirà mai. Su quel campo da gioco oggi diventato parco, Roberto ha passato gran parte della sua vita, prima da bambino che sogna di essere calciatore, poi da calciatore che ha fatto diventare realtà il sogno, poi da allenatore e infine da presidente-commissario del suo Mesagne.

Roberto può essere considerato rappresentativo di tutte quelle persone che hanno dato tanto allo sport, ai giovani, agli altri. Di tutti coloro che non sono stati campioni degni di nota, ma semplici protagonisti della vita comunitaria con la forza della passione e della generosità. In questa continuità spazio-temporale c’è un messaggio che Roberto ha fatto suo e ha trasmesso agli altri: il diritto che ha ogni bambino o ragazzo  che pratica sport,  di non diventare campione a tutti i costi. L’impegno di non creare fuoriclasse, ma di offrire un contributo importante alla crescita di generazione di bravi ragazzi, ora uomini,  è l’eredità che ha lasciato Roberto, che è stato molto apprezzato nel calcio ma è stato un fuoriclasse  come nella vita.  Nei prossimi giorni, situazione sanitaria permettendo, gli amici di Roberto organizzeranno una serie di eventi tra cui un torneo di calcio “non competitivo” riservato ai bambini/e in cui si sentano protagonisti. La manifestazione si svolgerà su quel campo che è stato teatro di tanti incontri di calcio, ora diventato parco urbano, vero polo attrattivo della città di Mesagne.

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C’è una regìa sapiente dietro la campagna di articoli inneggianti la bellezza del nostro centro storico ed il riscatto di una comunità dal retaggio della Scu, una narrazione che ha saputo distogliere l’attenzione dei più dalla domanda vera: non tanto di chi sia il merito di questa tanto osannata “rinascita”, (la storia recente è molto chiara al riguardo, almeno per chi ne ha memoria), ma piuttosto a chi giova questa narrazione ben orchestrata.
Infatti nella scelta di una capitale culturale non è in discussione la bellezza o meno di un luogo (con buona pace di chi quotidianamente tesse le lodi del nostro centro storico), ma piuttosto l’efficacia della proposta culturale, del progetto che vi si propone.
E su questo piano, paradossalmente, anche una città brutta (se mai ve ne fosse una nella nazione dei mille campanili), ma dotata di un buon progetto, potrebbe vincere.
Allora bisogna farsi la domanda giusta: a chi giova tutto questo?
Non certo alla popolazione che vede limitati fortemente i propri diritti al quieto vivere nella stagione estiva (come si è ampiamente riscontrato in questi mesi).
Ovviamente il primo attore a beneficiarne sarebbe l’attuale amministrazione che, forte di un un simile riconoscimento, potrebbe legittimamente aspirare alla riconferma nella prossima consigliatura.
Ma c’è di più; qualcuno si è posto il problema di dove alloggiare tutta la gente attratta dalla kermesse che comporta il fatto di essere la capitale della cultura per un anno?
Già due anni fa, prima del primo lock-down, e dopo la straripante stagione estiva, ebbi ad esporre le mie preoccupazioni rispetto alla tenuta fisica e sociale del centro storico; e quest’anno le presenze sono andate oltre ogni aspettativa.
Quindi c’è un problema, ed è quello della tenuta di un tessuto storico fragile e delicato, (basti pensare alle piazze invase da tavolini, ombrelloni, sedie, eccetera), e della popolazione residente che si vede in qualche modo privata di alcuni diritti fondamentali, primo fra tutti il riposo serale. Il nostro, in fondo, è un centro storico molto piccolo ( una delle sue tante qualità).
E quest’anno tutte le strutture ricettive erano sold out; quindi dove ospiteremo il surplus di affluenza?
Stranamente, a fronte di questo flusso ormai sicuro di turisti, i vari progetti approvati dall’amministrazione più di un anno fa, non partono ancora; mi riferisco al progetto di recupero di palazzo Murri come struttura ricettiva, o all’acquisto dell’edificio della ex Cassa di Risparmio da parte di privati per farne un resort alto di gamma, ed infine i vari immobili abbandonati nel centro storico ed acquistati con discrezione da pochi investitori, che sono tuttora lì in attesa dei progetti per il loro recupero.
Su questi immobili nel nostro programma elettorale era prevista la revoca ai privati nel caso non mettessero in atto alcuna iniziativa volta al loro recupero entro un dato lasso di tempo.
È possibile che siano tutti in attesa del fischio di partenza rappresentato dalla designazione di Mesagne a Capitale della Cultura per il 2024?
Se questo fosse vero ci troveremmo davanti ad una pessima prospettiva con solo due anni di tempo per realizzare i summenzionati interventi, in una frenetica corsa all’oro.
Recuperare un edificio in un centro storico è cosa ben diversa dal costruirlo ex-novo in una zona di espansione; implica molta più attenzione e cautela, cosa questa che cozza contro il concetto di fretta.
Quanti crolli “accidentali” si verificheranno in un contesto così delicato? Quanto resterà di autentico sotto le colate di cemento?
Questa situazione l’abbiamo già vissuta al tempo dei lavori per il Giubileo del 2000; molti lavori eseguiti frettolosamente ed approssimativamente, spacciati per lavori di recupero, con una inevitabile coda nelle aule giudiziarie.
A rafforzare questa ipotesi c’è il carattere particolare degli investitori privati nostrani, poco propensi ad affrontare il cosiddetto “rischio di impresa”; quindi investitori che aspettano di essere “incoraggiati” in qualche modo; e la prospettiva di investire in una futura capitale culturale è molto allettante. E l’attuale amministrazione si è sempre mostrata oltremodo disponibile con questi investitori; basti pensare alle varie deroghe e varianti approvate in questi due anni.
Non è sembrata altrettanto attenta nell’elaborare un progetto convincente che metta in risalto il bene pubblico, a meno che non si voglia considerare bene pubblico il semplice fatto di avere il titolo di “capitale della cultura”.
Sarebbe solamente un bene “collaterale”, non certo oggetto di una attenta pianificazione, e dunque senza nessun beneficio effettivo per i cittadini, se non per ristoratori ed albergatori Restano tuttora sul tavolo i problemi dei parcheggi per i residenti, e per i turisti, la regolazione del traffico all’interno del centro storico, l’uso dello spazio pubblico che, in quanto pubblico, deve essere a disposizione di tutti ma soprattutto dei residenti, se non si vuole ridurre il centro storico ad una semplice vetrina per l’estate, piena di strutture ricettive, che svuoterebbero il centro della sua linfa vitale: i residenti stessi, che con la loro presenza lo rendono vivo durante tutto l’anno e per tutte le ore del giorno.
Infine una questione di non poco conto: chi metterà i soldi in questa ghiotta operazione a breve termine? Il lock-down ha già impoverito numerosi nuclei familiari, costretti a vendere, e a volte a svendere, le loro case (anche nel centro storico). E quando non c’era un bene immobile da vendere sono dovuti ricorrere a prestiti onerosi, non certo chiesti alle banche. Di questo aiuto creditizio da parte di soggetti poco istituzionali se ne parla molto poco, ma si sa che questi soggetti hanno a disposizione fondi illimitati.
Non è che la famigerata insegna di Mesagne bucata dai pallettoni, sarà posta, alla fine della fiera, all’ingresso della Porta Grande?.
Carlo Ferraro

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Nota del consigliere regionale Pd Maurizio Bruno, presidente del Comitato regionale permanente della Protezione civile
“La città e la provincia di Brindisi hanno bisogno di un nuovo ospedale. Non di migliorare quello attuale. Non si può. Bisogna prenderne atto. Occorre costruire un nuovo grande presidio ospedaliero moderno, che sia adeguato alle esigenze del territorio e all’altezza delle sfide che la tecnologia, il futuro, i bisogni, la stessa pandemia hanno posto e pongono in luce tutti i giorni.
Già oggi e da tempo, come dimostrato dall’emergenza Covid, il Perrino non è idoneo ai tempi che stiamo vivendo e che ci apprestiamo a vivere. È una struttura destinata a essere prima o poi superata, sostituita. Non ci possono essere dubbi in merito. E richiederà tempo.
Ma proprio per questo, più tardi ne parleremo, più tardi avremo la risposta di cui abbiamo bisogno.
Per tale motivo oggi a Brindisi, con il sindaco e presidente della Provincia Riccardo Rossi e con il suo consulente in materia di sanità, Gianni Quarta, abbiamo presentato in conferenza stampa una serie di richieste per migliorare il sistema sanitario brindisino, da presentare alla Regione Puglia.
Sono diverse le proposte sul tavolo: dalla ristrutturazione del vecchio ospedale dove collocare servizi ambulatoriali, diagnostici e specialistici, alla realizzazione nella stessa struttura di un Ospedale di Comunità per pazienti che non abbiano necessità di ricoveri di alta o intensa specializzazione. Dal potenziamento dell’attività assistenziale domiciliare alla riorganizzazione della rete di Pronto Soccorso.
Fino, come già detto, alla costruzione di un nuovo ospedale che superi tutte le evidenti criticità dell’attuale presidio, che ospiti tutte le aree mediche, chirurgiche, tecnologiche necessarie ad una assistenza territoriale completa, che rappresenti una maggiore sicurezza per tutti gli abitanti del territorio.
Sono interventi che in altre aree della Regione si stanno già realizzando: quindi sì, è possibile.
Ma dovremo farlo subito, con concretezza, decisione ma soprattutto collegialità, coinvolgendo tutti gli attori e gli esperti, per un unico grande obiettivo comune. 

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Questa mattina il sindaco Riccardo Rossi ed il suo consulente in materia di sanità  Gianni Quarta hanno presentato un documento che sarà inviato alla Regione Puglia con alcune richieste per migliorare il sistema sanitario brindisino.

All’incontro erano stati invitati tutti i consiglieri regionali del territorio; ha partecipato il consigliere Maurizio Bruno.

Di seguito il testo del documento.

QUALE SANITA’ NEL FUTURO (PROSSIMO) DELLA CITTA’ DI BRINDISI?

 

Certamente è cosa nota che la pandemia ha evidenziato delle criticità molto importanti; in primis nell’ambito sanitario e successivamente sul piano economico ed ancora di più sul piano sociale.

L’Europa ed i governi si sono mossi nel tentativo di fornire risorse adeguate per venire in soccorso ai vari paesi per rimediare ad errori commessi nel passato e rimettere al centro le necessità della persona.

 

La possibilità che viene fornita dal Recovery Found con l’elargizione di fondi da spendere con l’obiettivo di far ripartire l’economia secondo i principi della transizione ecologica, della transizione digitale, della rigenerazione urbana e soprattutto dell’assistenza sanitaria ci deve portare a progettare per il futuro dei nuovi scenari che possono vedere la città di Brindisi proiettata per i prossimi 30 anni in una modalità decisamente diversa da quella attuale.

 

Per quanto riguarda il piano sanitario il nostro territorio è stato decisamente penalizzato per una carenza strutturale adeguata alla bisogna e per una assistenza territoriale a dir poco approssimativa.

 

Tutti ricorderanno come il nostro Ospedale abbia vissuto durante le prime fasi dell’epidemia in maniera critica la difficoltà ad organizzare una efficace assistenza sanitaria legate ad una rigidità dei moduli abitativi che permettevano poca flessibilità nella riconversione dei reparti (impossibilità a creare percorsi separati per aree Covid e Covid free) accanto anche ad una lenta risposta degli organi gestionali nell’affrontare l’emergenza.

 

Allo stato direi che siamo obbligati a dover progettare per il futuro un adeguamento non solo del modello assistenziale ma di pari passo e forse in maniera anche urgente e pressante ad un adeguamento delle nostre strutture a cominciare dal nostro Ospedale di riferimento.

Dobbiamo tenere presente che l’ospedale Perrino di Brindisi è una struttura concepita nella seconda metà degli anni 60. La sua costruzione ha avuto bisogno di circa quarant’anni di tempo in un’epoca cioè in cui sia la tecnologia sia che i concetti di assistenza sanitaria sono profondamente cambiate.

 

Alla fine del 1999 l’ospedale così definito il Nuovo Ospedale veniva aperto alla funzione assistenziale al posto del vecchio ospedale Di Summa localizzato nel centro cittadino. Certo un sospiro di sollievo per operatori sanitari e pazienti che nel vecchio nosocomio non trovavano più adeguata sistemazione.

Sin da subito ci si è accorti però che la nuova struttura faceva fatica a fornire le comodità e le necessità assistenziali dell’epoca.

 

Molte erano le difficoltà strutturali: primo le torri alte 10 piani serviti da ascensori minuscoli e poco funzionanti; spazio insufficienti per tutti i servizi sia quelli di pertinenza dei reparti sia quelli addetti ai servizi generali; difficili erano le comunicazioni tra i vari piani e tra i vari edifici; inadeguati erano i service necessari quali le linee elettriche, le linee telefoniche, l’inesistenza delle linee dati; Le linee d’acqua inizialmente inquinate e successivamente risultate insufficienti; spazi inadeguati per ospitare le nuove necessità sia assistenziale che tecnologiche che hanno richiesto nel  tempo investimenti notevoli per modificare e rendere possibile l’installazione di tutte le tecnologie aggiornate. Attività che ben inteso hanno comunque portato in questi anni il Perrino a livelli di eccellenza per diagnosi, assistenza e cura.

 

Ma allo Stato non è possibile ipotizzare che tale struttura possa reggere le necessità mediche dei prossimi 30 – 40 anni. Gli adeguamenti che oggi vengono posti in essere sia in termini di infrastrutture sia nella ricerca di nuovi spazi non risultano finalizzati a dare una prospettiva di efficienza e di funzionalità, ma solo a rincorrere le emergenze e l’ospedale e diventato un pozzo senza fondo di spreco di denaro pubblico per cercare di adeguare, aggiustare o rendere fruibile qualche reparto o servizio.

Oggi, a distanza di 22 anni dalla sua apertura il Perrino mostra i segni di una inadeguatezza strutturale senza precedenti tanto che chi ha l’occasione di affacciarsi all’interno dell’ospedale nota la presenza non già solo di ammalati o operatori sanitarti ma di operai e macchine intente a costruire appendici che non fanno che esaltare ulteriori inefficienze: locali costruiti ex novo per ampliare il Pronto Soccorso, ristrutturazioni che ormai durano anni per la riapertura o ricollocazioni di reparti e servizi (emblematico il caso della Rianimazione), costruzioni di interi reparti essenziali distaccati dal contesto del corpo della struttura ed obbrobriosamente poco funzionali (al momento neanche funzionanti) che assomigliano a container post terremoto (rianimazione Covid); reparti chiusi o ridimensionati e mai più riaperti che sono stati l’orgoglio del nostro Ospedale (Centro Ustioni, Dermatologia), legate anche ad un Piano di riordino Ospedaliero regionale per certi versi penalizzatane.

 

È necessario direi quasi obbligatorio ipotizzare la costruzione di una nuova struttura che possa prevedere gli spazi adeguati e la loro ubicazione e disposizione riguardo alle mutate condizioni generali di salute e mutate condizioni assistenziali.

 

Certamente bisogna progettare e pensare a una nuova struttura in grado di ospitare tutte le aree mediche, chirurgiche, tecnologiche  necessarie ad una assistenza territoriale completa tenuto conto che la pandemia ha svelato un punto debole cruciale che quello della necessità di ambienti che siano facilmente isolabili da una parte e rapidamente convertibili dall’altra; e necessario ipotizzare una struttura che sia facilmente usufruibile in modalità comoda e veloce che non sia cioè un anacronistica struttura a torre ma che sia una struttura a piano non molto alta che abbia una capacità di accoglienza adeguata e che possa dal punto di vista energetico essere in linea con la transizione ecologica che si vuole raggiungere.

 

Questa struttura deve essere centro principale di riferimento del territorio brindisino per le acuzie e per tutte le specializzazioni più importanti ed essere oltretutto un punto di collegamento con tutte le altre strutture dei territori vicini a cui viene demandato un’assistenza sempre per acuzie ma di secondo livello. Le nuove tecnologie con l’adozione della banda larga e della prossima 5G possono far pensare a un’interazione di telemedicina molto più funzionale di quella attualmente in uso e che permetteranno, se ben gestite, una uniformità di qualità di cura certamente più elevata ed omogenea del passato. Non spetta all’amministrazione comunale la progettazione e le definizioni dei criteri che debbano guidare una progettazione ospedaliera.

 

La Regione Puglia ha esperienza e know-how in questo campo in quanto il rimodernamento strutturale ospedaliero di ottima fattura è già in essere in molte città (Lecce, Taranto, Monopoli-Fasano, Bari) ed altri in fase di progettazione -esecuzione avanzata (Maglie-Melpignano, Andria)ma certamente  dobbiamo ipotizzare un Nuovo Ospedale che sia attivo per i prossimi 30-35 anni e che abbia tutte le caratteristiche che un Ospedale debba avere: Umanizzazione, Urbanità, Socialità, Organizzazione, Interattività e soprattutto capacità di rimodulazione secondo le eventuali necessità emergenziali. Tutto ciò che allo stato il Perrino non riesce a garantire.

 

A questo si aggiunge che il nostro territorio è stato privato di specialità assistenziali che oggi giorno sono imprescindibili ad una erogazione assistenziale adeguata. Chi non ricorda le pressanti richieste e le promesse andate a vuoto di dotare anche Brindisi della Cardiochirurgia, ed ancora della Chirurgia Toracica, della Radiologia e Neuroradiologia interventistica (presente solo sulla carta)  ecc…

Oggi lanciamo con forza un allarme serio e fondato sulla insostenibilità della struttura del Perrino e Chiediamo l’inserimento di Brindisi nell’elenco dei NUOVI OSPEDALI da costruire.

 

Non spetta ancora all’amministrazione comunale organizzare la rete assistenziale ma bisogna che Il comune sia parte partecipe ad una progettazione che riguarda la salute dei propri concittadini ed  è per questo che si sollecita anche:

  • la ristrutturazione del vecchio ospedale dove si può pensare di localizzare oltre che una serie di servizi ambulatoriali diagnostici e specialistici anche un ospedale di comunità che possa essere utilizzato da tutti i medici territoriali a cui potrebbero essere affidati, con diretta responsabilità, la maggior parte dei pazienti che non abbiano necessità di ricoveri di alta o intensa specializzazione, collegati come gli altri in una rete di assistenza e qualità di cura che li renda cioè di II livello solo per la tipologia ma non per la qualità di cura (in altre parole un P.S. di codici a bassa intensità diagnostica interventistica ed un P.S. Pediatrico);
  • ripensare i termini di una “Rinnovata Attività Assistenziale domiciliare” ;
  • ristrutturare la rete per il soccorso (118) meglio organizzata sia sul piano degli organici che sugli Ospedali di riferimento cui fare capo.

 

Al fine di progettare una rivoluzione nel campo assistenziale la nostra città e ovviamente necessario costruire un consenso della comunità ad un progetto fattibile ma ambizioso che deve tener conto delle necessità del futuro, delle nuove tendenze che la scienza e la tecnologia ci stanno mettendo a disposizione e di tutte quelle necessità anche al momento impensabili, come la pandemia ci ha insegnato e come la ricerca ci sta facendo intravedere.

 

Bisogna trovare un consenso a un progetto che guardi oltre a quello che oggi siamo abituati ad immaginare.

Nel contesto regionale, la nostra città, il nostro territorio, riteniamo, essere stato fortemente penalizzato; c’è bisogno di un riallineamento a quelli che sono gli standard più evoluti; dobbiamo essere non secondi ma dobbiamo guardare agli esempi più virtuosi e ritrovare quello che era un vanto della nostra città ossia un sistema sanitario fortemente adeguato e di riferimento per tutti i nostri concittadini.

Come ipotizzare un coinvolgimento delle esperienze e delle volontà più propositive?

L’ipotesi che mi viene di fare è quella di redigere un progetto di massima aperto ad ogni contributo e possibile integrazione, su cui invitare a riflettere ampi rappresentanti della vita cittadina: il mondo specialistico sanitario, l’associazionismo volontario, le categorie che possono essere interessate a un’ideazione di una nuova cittadella della salute, la politica e i suoi rappresentanti naturalmente, idee nuove e senza compromessi al ribasso.

 

A tutti si chiederà uno sforzo collettivo, quello cioè di sfatare l’immobilismo che ha caratterizzato la nostra città in tutti questi anni e soprattutto quello di essere fortemente propositivi.

 

Non si tratta di un obiettivo da raggiungere a brevissimo termine ma un obiettivo che verrà sfruttato e soprattutto speriamo anche poco utilizzato dalle nostre generazioni future.

Si chiederà uno sforzo collettivo di concretezza, di volare alto e di combattere contro tutte quelle forze che hanno in sé pregiudizi e voglia di sopraffazione nei confronti di un territorio che fino ad oggi ha visto bloccata la sua crescita magari per semplici contrapposizioni di principio che , abbiamo visto e vediamo, hanno mai portato da nessuna parte e che nel campo sanitario ci vede afflitti da quello che io definisco una “nuova povertà sanitaria” mascherata da un movimentismo decisionale  finalizzato a tamponare falle ma che fa buttare fiumi di denaro in opere e progetti che in molti casi non danno soluzioni stabili per un futuro molto prossimo.

Si vuole mettere in campo un progetto di rifondazione e di Rinascimento della città di Brindisi che possa ridisegnare il nostro territorio in una maniera che forse mai ci siamo sognati di pensare e nuove ed efficienti strutture sanitarie debbono rappresentare un primo ed imprescindibile punto di partenza.

 

Naturalmente questi sono soltanto delle idee che possono essere sviluppate, migliorate ma l’importante è che si possa in qualche modo ideare progettare in maniera ambiziosa la città del futuro, una Brindisi del futuro che abbia tutte quelle innovazioni che tutti i giorni tutti noi cittadini che amiamo la nostra città desideriamo e vediamo più come un sogno che come una realtà.

 

Oggi possiamo mettere le basi per realizzare questo sogno, per meglio organizzare la nostra vita cittadina affinché le nostre generazioni future possano godere di una città migliore in un mondo migliore, in una città in cui “Le necessità degli ultimi siano soddisfatte come il benessere dei primi”.

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“La Asl di Bari bacchetti e dia una scossa all’impresa nel reclamare il rispetto dei tempi per la realizzazione del nuovo ospedale Monopoli-Fasano, considerato che la Astaldi-Webuild è ad oggi colpevole di clamorosi e ingiustificati ritardi. Da adesso la mia pressione si farà ancora più forte e feroce, a cominciare dal verificare ogni giorno il numero di persone a lavoro, perché si tratta di un ospedale che serve a curare dalle malattie centinaia di migliaia di persone”. 

Lo dichiara il presidente della Commissione regionale bilancio e programmazione Fabiano Amati, commentando l’audizione odierna con la direzione generale, il rup e la direzione lavori.

“Mi vergogno nel vedere burocrati e impresa che cincischiano, mentre centinaia di migliaia di potenziali utenti attendono un ospedale che non hanno mai avuto per curare le malattie gravi. 
Un ritardo di nove mesi, allo stato ingiustificato e a dire della direzione lavori privo di giustificazioni plausibili, con una forza lavoro media impiegata di 70-80 persone al giorno e a fronte di una necessità che ne richiederebbe 200. 
Un panorama che desta meraviglia se solo si consideri che l’appaltatore è una grande impresa del livello di Astaldi-Webuild, che spero non voglia lasciare un cattivo ricordo. 
Dalle prossime giornate mi occuperò in modo ancora più ossessivo della questione e chiederò al presidente e al Ceo di Astaldi di aiutarmi nell’impresa di dare al più presto un ospedale a quel vasto territorio intermedio tra Bari e Brindisi. 
Mi spiace rilevare che nel confronto con la costruzione dell’ospedale di Taranto quello di Monopoli-Fasano stia accumulando ritardi, peraltro considerando il maggior prezzo di aggiudicazione: 1500 euro contro 960 euro al metro quadro. 
Sono mesi peraltro che l’impresa non deposita il nuovo cronoprogramma, ostacolando così le possibilità di controllo da parte della direzione lavori. 
È questa una situazione intollerabile e spero che l’eventuale concessione di proroghe sulla costruzione dell’ospedale, che verificheremo nella prossima riunione del 18 ottobre, sia ampiamente giustificata e non attinente ai lavori complementari affidati o in via di affidamento, per evidente eterogeneità di oggetto. 
Ringrazio comunque  i manager della Asl e la direzione lavori per ciò che hanno fatto sinora e soprattutto per ciò che faranno, ben conoscendo il loro rigore nel perseguimento delle finalità pubbliche”.

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Sì a maggioranza della terza commissione del Consiglio regionale (sanità e servizi sociali) al disegno di legge che modifica la legge regionale 52/2019, sulle modalità di determinazione del fabbisogno nelle attività sanitarie. L’articolo unico, approvato nella seduta convocata e presieduta dal presidente Mauro Vizzino, prede l’abrogazione dell’art. 49, comma 2, per riportare le decisi9ni sul fabbisogno delle risonanze magnetiche grandi macchine alla programmazione prevista dalla nuova normativa nazionale e regionale. Il fabbisogno stesso verrà determinato dalla Giunta regionale.  

La commissione sanità ha dato parere favorevole all’unanimità alla deliberazione della Giunta regionale che adotta lo schema di regolamento regionale di modifica e integrazione del precedente (n. 15 del 202), in materia di definizione dei requisiti strutturali, organizzativi e tecnologici delle strutture specialistiche che erogano prestazioni chirurgiche e procedure diagnostico-terapeutiche.

Parere favorevole anche allo schema di regolamento regionale sui requisiti minimi organizzativi, strutturali e tecnologici per l’accreditamento dei Centri sorveglianza della terapia anticoagulante (CSA) e dei Centri antitrombosi (CAT).

La commissione ha condiviso la proposta del capogruppo FdI Ignazio Zullo, di approfondire con il Dipartimento sanità l’intera materia, tanto dei fabbisogni sanitari che dei piani di zona, regolata da normative datate, risalenti ai primi anni Duemila, mentre la realtà sociosanitari è profondamente cambiata. 

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LATTE: COLDIRETTI PUGLIA, COSTI DI PRODUZIONE STELLARI PER IL LATTE PUGLIESE CHE SPUNTA PREZZI NON REMUNERATIVI. 

Coldiretti Puglia ha denunciato lo stato di crisi degli allevatori al Ministro Patuanelli, al Presidente Emiliano, all’Assessore Pentassuglia e ai Prefetti di Bari e Taranto Bellomo e Demetrio. 

E’ stato di crisi del settore lattiero in Puglia per le inaccettabili pressioni al ribasso del prezzo del latte alla stalla con forti tensioni che mettono a rischio tutto il sistema degli allevamenti in Puglia in un momento in cui con la pandemia Covid è necessario continuare a garantire le forniture alimentari alle famiglie. E’ quanto denunciato da Coldiretti Puglia che ha preannunciato lo stato di mobilitazione degli allevatori in una lettera al Ministro dell’Agricoltura Stefano Patuanelli, al Presidente della Regione Puglia Michele Emiliano, all’Assessore regionale all’Agricoltura Donato Pentassuglia e ai Prefetti di Bari e Taranto, Antonia Bellomo e Martino Demetrio.

L’analisi dei costi di produzione di 1 litro di latte alla stalla, secondo l’elaborazione di Coldiretti Puglia, indica che la voce ‘alimentazione degli animali’ assorbe 0,30 euro, la voce ‘manodopera’ 0,087 euro e 0,067 euro per spese generali come gasolio, bollette, manutenzioni per un totale di 0,454 euro al litro di costi vivi di gestione.

Peraltro i prezzi al consumo – continua Coldiretti Puglia - non sono mai calati negli ultimi anni nonostante la forte variabilità delle quotazioni del latte, che sono spesso al di sotto dei costi di produzione, con gli allevatori messi sotto pressione da prezzi troppo bassi a fronte del rincaro delle materie prime e dei foraggi, dal mais alla soia, a causa delle tensioni generate dalla pandemia.

“Il prezzo del latte alla stalla in Puglia non può andare sotto i costi di produzione calcolati da ISMEA, quando nella forbice tra produzione e consumo ci sono margini da recuperare per garantire un prezzo giusto e onesto che tenga conto dei costi degli allevatori e la necessaria qualità da assicurare ai consumatori”, afferma con decisione Savino Muraglia, presidente di Coldiretti Puglia.

E’ necessario che nei contratti di fornitura fra le industrie di trasformazione e gli allevatori siano concordati compensi equi – insiste Coldiretti Puglia - perché a fronte dei i rincari delle materie prime alla base dell’alimentazione degli animali è fondamentale assicurare la sostenibilità finanziaria degli allevamenti sottraendoli al rischio di chiusura a causa di prezzi sotto i costi di produzione.

“L’obiettivo comune deve essere quello di trovare un accordo che garantisca la sostenibilità finanziaria delle stalle, condizione imprescindibile per mettere al sicuro tutta la filiera agroalimentare Made in Italy e continuare a garantire ai consumatori prodotti sicuri e di qualità. Se a salire sono i prezzi delle materie, anche i costi di produzione del latte sono cresciuti e anche il latte è a sua volta una materia prima. Siamo pronti alla mobilitazione per difendere le stalle”, incalza il direttore di Coldiretti Puglia, Pietro Piccioni.

Serve responsabilità con un “patto etico di filiera” che – continua la Coldiretti Puglia – garantisca una adeguata remunerazione dei prodotti agricoli e punti a privilegiare sugli scaffali il Made in Italy a tutela dell’economia, dell’occupazione e del territorio come sostenuto dalla campagna Coldiretti #mangiaitaliano.

Una adeguata remunerazione del lavoro degli allevatori – aggiunge Coldiretti Puglia – è condizione imprescindibile per mettere al sicuro tutta la filiera e continuare a garantire ai consumatori prodotti sicuri e di qualità che sostengono l’economia, il lavoro e il territorio pugliese, con l’allarme globale provocato dal Covid che ha fatto emergere una maggior consapevolezza sul valore strategico rappresentato dal cibo e dalle necessarie garanzie di qualità e sicurezza ma anche le fragilità delle filiere agroalimentari sulle quali occorre intervenire per difendere la sovranità alimentare, ridurre la dipendenza dall’estero per l’approvvigionamento in un momento di grandi tensioni internazionali e creare nuovi posti di lavoro.

A pesare nelle stalle inoltre – sottolinea la Coldiretti Puglia - sono gli effetti di fenomeni estremi come la siccità e l’afa con il forte aumento dei costi di produzione a partire da quelli energetici e per l’alimentazione degli animali nelle stalle con il mais che registra +50%, la soia +80% e le farine di soia +35% rispetto allo scorso anno. Con 3 DOP (canestrato pugliese, mozzarella di Gioia del Colle e mozzarella di bufala) e 17 formaggi riconosciuti tradizionali dal MIPAAF (burrata, cacio, caciocavallo, caciocavallo podolico dauno, cacioricotta, cacioricotta caprino orsarese, caprino, giuncata, manteca, mozzarella o fior di latte, pallone di Gravina, pecorino, pecorino di Maglie, pecorino foggiano, scamorza, scamorza di pecora, vaccino) – aggiunge Coldiretti Puglia – il settore lattiero–caseario garantisce primati a livello nazionale e Sigilli della biodiversità dal valore indiscutibile.

Occorre intervenire urgentemente per salvare la “Fattoria Puglia”, dove sono riuscite a sopravvivere con grande difficoltà in Puglia – conclude Coldiretti Puglia – appena 1.400 stalle per la produzione di latte, decisivo​ presidio di un territorio dove la manutenzione è garantita proprio dall’attività di allevamento, con il lavoro silenzioso di pulizia e di compattamento dei suoli svolto dagli animali a causa principalmente del prezzo del latte spesso non remunerativo, dovuto non solo alla crisi, ma anche e soprattutto alle evidenti anomalie di mercato con i prezzi alla stalla che subiscono inaccettabili ‘fluttuazioni’ e agli alti costi di gestione degli allevamenti.

Dati del giorno: 13 settembre 2021

88
Nuovi casi
6.438
Test giornalieri
3
Persone decedute
Nuovi casi per provincia
Provincia di Bari: 2
Provincia di Bat: 1
Provincia di Brindisi: 7
Provincia di Foggia: 24
Provincia di Lecce: 49
Provincia di Taranto: 1
Residenti fuori regione: 4
Provincia in definizione: 0
3.681
Persone attualmente positive
193
Persone ricoverate in area non critica
20
Persone in terapia intensiva

Dati complessivi

266.082
Casi totali
3.454.109
Test eseguiti
255.651
Persone guarite
6.750
Persone decedute
Casi totali per provincia
Provincia di Bari: 97.900
Provincia di Bat: 27.862
Provincia di Brindisi: 21.082
Provincia di Foggia: 46.833
Provincia di Lecce: 30.432
Provincia di Taranto: 40.534
Residenti fuori regione: 978
Provincia in definizione: 461

Brindisi. I Luogotenenti Francesco DIROMA, Maurizio CIPOLLA e Stefano PELLEGRINO hanno conseguito la qualifica di Carica Speciale.

Questa mattina, il Comandante Provinciale dei Carabinieri di Brindisi, Colonnello Vittorio Carrara, ha voluto personalmente congratularsi con i Luogotenenti Francesco DIROMA, Comandante della Stazione di Fasano, Maurizio CIPOLLA, Addetto alla 2^ Sezione del Nucleo Investigativo del Comando Provinciale di Brindisi e Stefano PELLEGRINO, Addetto alla Sezione Operazioni e Logistica del Comando Provinciale di Brindisi, per il conseguimento della qualifica di “Carica Speciale”. Nella circostanza, è stato lo stesso Comandante Provinciale a notificare il nuovo grado ai neopromossi.

Si è insediato il Capitano Massimo CICALA, nuovo comandante della Compagnia Carabinieri di Fasano.

Si è insediato al Comando della Compagnia di Fasano il Capitano Massimo CICALA. L’Ufficiale, 30 anni, di origini campane, ha intrapreso la carriera nell’Arma nel 2009 quale vincitore del concorso ufficiali dell’Arma. Dopo il quinquennio di studi (due in Accademia a Modena e tre presso la Scuola Ufficiali Carabinieri di Roma), promosso al grado di Tenente nel 2014 e fino al settembre del 2016, ha prestato servizio presso il Reggimento Allievi Marescialli e Brigadieri Carabinieri di Velletri in qualità di Comandante di Plotone e insegnante. Ha ricoperto l’incarico di Comandante di Nucleo Operativo e Radiomobile della Compagnia di Lecce dal 2016 al 2017 e successivamente, promosso Capitano nel 2017, ha comandato la Compagnia Carabinieri di Desenzano del Garda (BS) sino al mese di settembre 2021. L’ufficiale è laureato in Giurisprudenza.

Il Capitano Massimo CICALA subentra al Capitano Daniele BOAGLIO, trasferito alla Compagnia di Pavia quale Comandante.