Redazione
Giunti due nuovi Ufficiali presso il Comando Provinciale Carabinieri di Brindisi. Due nuovi Ufficiali al vertice della Sezione Radiomobile della Compagnia di Brindisi e della Sezione Operativa della Compagnia di Fasano. Al comando della Sezione Radiomobile di Brindisi è giunto il Sottotenente Francesco RECCIA. L’ufficiale di origini salernitane, ha intrapreso la carriera nell’Arma nel 1987 quale allievo sottufficiale presso la Scuola Sottufficiali di Velletri per poi essere assegnato dapprima alla Stazione Carabinieri di Manfredonia (FG), poi a quelle di Monte Sant’Angelo (FG) e Trinitapoli (FG); dal 1991 al 1993 è stato capo equipaggio alla Squadra Radiomobile della Compagnia di Cerignola (FG); dal 1993 al 2000 ha prestato servizio alla Stazione di Collepasso (LE), divenendone Comandante nel 1996; dopo una parentesi alla Stazione di Francavilla Fontana (2000–2003), assume il Comando della Stazione di Maruggio (TA) sino al 2005, per poi approdare al Nucleo Operativo e Radiomobile della Compagnia di Manduria (TA) dove è stato Comandante in sede vacante, nonché Comandante della dipendente Sezione Operativa sino a gennaio 2020. A dicembre 2020, è risultato vincitore del concorso per “ufficiali del ruolo straordinario ad esaurimento.” Il Sottotenente RECCIA è stato insignito della medaglia d’argento di lungo comando, della croce d’oro per anzianità di servizio militare e DI Cavaliere dell’Ordine al Merito della repubblica Italiana. Ha conseguito la Laurea in scienze dell’Amministrazione, nel corso della sua carriera gli sono stati tributati una medaglia di bronzo al Valore dell’Arma dei Carabinieri e un encomio del Comandante della Legione Carabinieri Puglia.
Contestualmente, il comando della Sezione Operativa della Compagnia di Fasano è stato affidato al Sottotenente Francesco ANTONINO. L’ufficiale, di origini baresi, ha intrapreso la carriera nell’Arma nel 1989 quale allievo carabiniere; nel 1990 è stato ammesso alla Scuola Sottufficiali di Velletri e al termine del corso biennale di formazione è stato assegnato in Basilicata quale addetto alla Stazione di Tricarico (MT); dal 1995 al 2003 ha comandato la Stazione di Banzi (PZ), dal 2003 al 2004 quella di Lavello (PZ), dal 2004 al 2006 la Stazione di Abriola (PZ), dal 2006 al 2008 la Stazione Avigliano (PZ) e dal 2008 al 2013 ha retto la Stazione di Zapponeta (FG). Il 30 luglio 2013 approda alla Stazione di Molfetta ricoprendo anche l’incarico di addetto alla Polizia di Frontiera dal 2017 al 2020, quando è risultato vincitore del concorso per “ufficiali del ruolo straordinario ad esaurimento”. è stato insignito della medaglia d’argento per il lungo comando, della croce d’oro per anzianità di servizio militare prestato, della medaglia d’argento per lungo Comando di Stazione Carabinieri. Nel corso della sua carriera gli è stato tributato un encomio del Comandante della Legione Carabinieri Puglia.
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Festival del Libro Emergente, giovedì presentazione libro “I 17 Mondi. Il capitano” di A.R. Alexander
Nuovo appuntamento del Festival del libro Emergente, la rassegna letteraria che ogni giovedì alle 19.00 attende gli appassionati di lettura sulla pagina Facebook di Qui Mesagne. Questa settimana, giovedì 11 Marzo, il Festival del Libro Emergente presenta un libro di fantascienza “I 17 Mondi-Il Capitano”, opera prima di A.R. Alexander, edito dalla casa editrice BookaBook.
La scrittrice è originaria di Acqui Terme, una cittadina in provincia di Alessandria. Laureata in psicologia, ha esercitato la professione di psicologa a Genova fondando un’associazione in supporto a donne, neomamme e famiglie. Dal 2015 vive in Inghilterra dove si è trasferita con la famiglia. Da sempre appassionata di fantascienza che ne ha influenzato la scrittura.
“Il Capitano” è il suo romanzo d’esordio ed è il primo della saga de “I 17 Mondi”. Una storia che porterà i lettori in un futuro remoto e in galassie a noi sconosciute, svelando intrighi e inganni e molto altro.
“Abbiamo più volte detto che in questo mese avremmo celebrato, a modo nostro, le donne – commenta Regina Cesta, ideatrice del Festival -. La scorsa settimana con Riccardo Noury abbiamo toccato temi importanti e significativi; questa settimana un’opera prima di una donna che ci farà scoprire Il Capitano e l’universo femminile da un punto di vista diverso”.
“La scommessa fatta con il Festival del Libro Emergente di dare spazio a scrittori e opere non inserite nei classici circuiti librari, sta dando i suoi frutti – conferma Cosimo Saracino, direttore di QuiMesagne.it -. Dall’Inghilterra a Berlino, passando per diverse regioni italiane, il Festival sta assolvendo anche al ruolo di promuovere la nostra città oltre i confini provinciali”. Alla diretta di giovedì prossimo saranno presenti l’autrice A.R. Alexander e Marco Calò, consulente alla Cultura della Città di Mesagne.
Il Festival del Libro Emergente è patrocinato dalla Città di Mesagne e dal Teatro Pubblico Pugliese. Main sponsor “La Cantina Sampietrana”, “Officina Design” di Elisabetta Spalluto e “Ottica Cuppone” di Cristina Cuppone di Mesagne.
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Positivi e tamponi in provincia di Brindisi
Positivi e tamponi nella provincia di Brindisi, il report aggiornato al 7 marzo.
E’ importante lo stop alle aste capestro al doppio ribasso che strangolano gli agricoltori con prezzi al di sotto dei costi di produzione e alimentano nelle campagne la dolorosa piaga del caporalato. E’ quanto afferma Coldiretti Puglia, nel commentare positivamente l’approvazione alla Commissione agricoltura del Senato della legge sulle aste a doppio ribasso.
Le aste al doppio ribasso – sottolinea Coldiretti Puglia – provocano forti distorsioni e speculazioni aggravando così i pesanti squilibri di filiera della distribuzione del valore visto che per ogni euro speso dai consumatori per l’acquisto di alimenti meno di 15 centesimi in Italia vanno a remunerare il prodotto agricolo.
“Con le pratiche sleali si aggravano le distorsioni dal campo alla tavola, visto che per ogni euro di spesa in prodotti agroalimentari freschi come frutta e verdura solo 22 centesimi arrivano al produttore agricolo ma il valore scende addirittura a 2 centesimi nel caso di quelli trasformati dal pane ai salumi fino ai formaggi. La crisi causata dal Covid rischia di peggiorare la situazione, con ripercussioni sugli anelli più deboli della catena alimentare, gli agricoltori e i consumatori”, denuncia Savino Muraglia, presidente di Coldiretti Puglia.
La norma approvata è un importante passo in avanti che – dice Coldiretti Puglia – va completato con il recepimento a livello nazionale della direttiva comunitaria sulle pratiche sleali nel settore alimentare con norme sul sottocosto, sul prezzo minimo garantito ed una equa distribuzione di valore grazie agli accordi di filiera.
Pagamenti in ritardo (oltre 30 giorni dal termine stabilito di consegna per i prodotti agroalimentari deperibili e superiore ai 60 giorni nel caso di non deperibilità), annullamento dell’ordine da parte dell’acquirente con preavviso breve (inferiore a 30 giorni) e che non consente al fornitore di trovare acquirenti alternativi ai suoi prodotti, modifica unilaterale delle condizioni di un accordo di fornitura – aggiunge Coldiretti Puglia - richiesta al fornitore di pagamenti che non sono connessi alla vendita e di indennizzi per deterioramento o perdita di prodotti agricoli e alimentari che si verificano quando sono già di proprietà dell’acquirente o comunque già nei suoi locali, rifiuto di confermate in un contratto scritto le condizioni di vendita, divulgazione illecita da parte dell’acquirente di segreti commerciali, minaccia al fornitore di ritorsioni commerciali quando il fornitore rivendica i suoi diritti contrattuali, addebito al fornitore del costo sostenuto per i reclami dei clienti anche se questi non ha alcuna responsabilità.
E ancora – insiste Coldiretti Puglia - la restituzione dei prodotti senza alcun pagamento, la richiesta di un pagamento per la messa a disposizione del mercato e di un contributo del costo degli sconti per la promozione e per la pubblicità, il marketing o per il personale impegnato ad organizzare gli spazi dove avviene la vendita dei prodotti.
“Occorre affiancare le norme sulla legalità e sui corretti rapporti di lavoro all’approvazione delle proposte di riforma dei reati alimentari presentate dall’apposita commissione presieduta da Giancarlo Caselli, presidente del comitato scientifico dell’Osservatorio Agromafie promosso dalla Coldiretti. Esiste un evidente squilibrio nella distribuzione del valore lungo la filiera favorito anche da pratiche commerciali sleali – insiste Muraglia - nonostante il codice etico firmato dal Ministero delle Politiche Agricole e dalle principali catene della grande distribuzione, che avrebbe dovuto evitare questo fenomeno che spinge a prezzi di aggiudicazione che non coprono neanche i costi di produzione”.
E’ necessario sanare una ingiustizia profonda – conclude Coldiretti Puglia – rendendo più equa la catena di distribuzione degli alimenti che vede oggi sottopagati i prodotti agricoli spesso al di sotto dei costi di produzione senza alcun beneficio per i consumatori.
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Fino al 31 marzo chi dona il sangue per la prima volta sarà sottoposto a test sierologico per verificare la presenza di anticorpi anti-Sars-CoV2. È l’iniziativa del Centro Trasfusionale del Perrino di Brindisi in accordo con la direzione sanitaria dell’ospedale. In caso di positività agli anticorpi verrà eseguito il tampone.
“Vogliamo sensibilizzare i più giovani alla cultura della donazione – dice la responsabile del Trasfusionale Antonella Miccoli – che è un atto di generosità, ma anche l’occasione per un controllo: il test sierologico si aggiunge all’esame emocromocitometrico e a tutti gli altri test utili per la validazione delle sacche. Si può donare dal lunedì al sabato, dalle 8 alle 12. In più domenica 28 marzo è in programma una giornata di apertura straordinaria del Centro e accoglierò personalmente i donatori che si presenteranno in ospedale, previa prenotazione”.
Prima di accedere al Trasfusionale, attraverso un percorso protetto con il rispetto di tutte le misure a tutela di operatori e utenti, deve essere effettuato un pre triage telefonico al numero 0831 537274.
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Covid - 19. Oggi 1.286 casi positivi in Puglia, 109 in provincia di Brindisi con 3 decessi
Il presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano sulla base delle informazioni del direttore del dipartimento Promozione della Salute Vito Montanaro, informa che oggi martedì 9 marzo 2021 in Puglia, sono stati registrati 10732 test per l'infezione da Covid-19 coronavirus e sono stati registrati 1.286 casi positivi: 524 in provincia di Bari, 109 in provincia di Brindisi, 67 nella provincia BAT, 171 in provincia di Foggia, 147 in provincia di Lecce, 256 in provincia di Taranto, 3 casi di residenti fuori regione, 9 casi di provincia di residenza non nota.
Sono stati registrati 39 decessi: 13 in provincia di Bari, 3 in provincia di Brindisi, 2 in provincia BAT, 14 in provincia di Foggia, 5 in provincia di Lecce, 2 in provincia di Taranto.
Dall'inizio dell'emergenza sono stati effettuati 1.637.604 test.
117.371 sono i pazienti guariti.
35.805 sono i casi attualmente positivi.
Il totale dei casi positivi Covid in Puglia è di 157.337 così suddivisi:
60.894 nella Provincia di Bari;
16.314 nella Provincia di Bat;
11.544 nella Provincia di Brindisi;
30.873 nella Provincia di Foggia;
13.557 nella Provincia di Lecce;
23.333 nella Provincia di Taranto;
614 attribuiti a residenti fuori regione;
208 provincia di residenza non nota.
I Dipartimenti di prevenzione delle Asl hanno attivato tutte le procedure per l'acquisizione delle notizie anamnestiche ed epidemiologiche, finalizzate a rintracciare i contatti stretti.
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A Mesagne ancora nessun hub vaccinale
Gli over 80 di Mesagne sono ancora in attesa che l’Asl di Brindisi possa aprire anche in città un hub vaccinale evitando, in questo modo, che gente anziana e con gravosi problemi di salute possa spostarsi altrove per potersi sottoporre a vaccinazione anti Covid. L’Amministrazione comunale di Mesagne, da parte sua, ha offerto all’Asl la disponibilità gratuita della palestra della scuola di primo grado “Giovanni Falcone” per insediare le quattro postazioni previste. Dunque, mugugnano gli anziani mesagnesi, e non solo poiché presso l’hub si potrebbero vaccinare anche le altre categorie autorizzate, per non avere la possibilità di potersi vaccinare in città. Molti di loro, infatti, hanno problemi di salute per recarsi fuori sede, oppure non hanno chi li possa accompagnare. D’altronde sono problemi comprensibili poiché stiamo parlando di una fascia di popolazione over 80 che gradirebbero un percorso facilitato proprio per il loro “status”. “Ricordo che quando nel 1973 ci fu l’epidemia da colera – ci confida una nonnina 90enne – fummo chiamati a vaccinarci presso l’allora ufficio Sanitario di Mesagne. Eppure stiamo parlando di 48 anni fa, cioè mezzo secolo. Possibile che in tanti anni siamo regrediti sotto l’aspetto dell’organizzazione, della funzionalità e dell’efficienza?”. A seguire le fasi di insediamento dell’hub in città c’è il sindaco Toni Matarrelli. “Posso assicurare che noi non siamo rimasti a guardare”, ci ha spiegato il primo cittadino -. Abbiamo predisposto una struttura, peraltro già ponta da diversi giorni, che è in grado di effettuare 700 vaccinazioni al giorno con un’organizzazione complessa, ma efficiente. La palestra della scuola “Falcone” è idonea ad accogliere l’hub avendo sale d’attesa, toilette, zone idonee in cui far sostare la gente per la fase di osservazione dopo la somministrazione del vaccino”. Il sindaco Matarrelli ha, quindi, concluso: “L’Asl, da parte sua, ha le attrezzature necessarie. Manca solo l’accreditamento del centro. Si tratta di giorni. Tuttavia, il funzionamento dell’hub dipende, soprattutto, dall’approvvigionamento dei vaccini da parte dell’azienda sanitaria. Così, se entro giugno arriveranno in Italia 60 milioni di vaccini noi siamo pronti a vaccinare l’intera popolazione in maniera rapida e in totale sicurezza”.
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Operazione “OTTOBRE ROSSO”. SGOMINATA DAI CARABINIERI BANDA DI NARCOTRAFFICANTI INTERNAZIONALI
Operazione “OTTOBRE ROSSO”. SGOMINATA DAI CARABINIERI BANDA DI NARCOTRAFFICANTI INTERNAZIONALI, 19 ORDINANZE IN CARCERE ED 1 MANDATO DI ARRESTO INTERNAZIONALE.
Alle prime luci dell’alba di oggi 9 marzo, i militari della Compagnia di Santa Margherita Ligure - supportati da personale del Nucleo Investigativo di Genova, dai comandi Arma territorialmente competenti, nonché da squadre dei “Cacciatori di Puglia” e da unità cinofile - hanno dato esecuzione a 22 misure cautelari emesse dall’Ufficio GIP del Tribunale di Genova nei confronti di altrettanti soggetti (di cui 15 italiani e 14 di origine albanese) ritenuti a vario titolo, responsabili di “Associazione a delinquere finalizzata al traffico internazionale, detenzione e vendita di stupefacenti”, “Estorsione” e “Detenzione di armi clandestine”.
L’articolata attività investigativa, avviata ad ottobre 2016 con il coordinamento della D.C.S.A., sotto la costante direzione della locale D.D.A.A., a seguito del recupero a Rapallo di 38 kg di marijuana occultati all’interno del bagagliaio di un’autovettura, effettuato nell’ambito di locali servizi di controllo del territorio, ha condotto all’individuazione di un più vasto e articolato traffico di sostanze stupefacenti di portata internazionale.
I successivi sviluppi investigativi, condotti con metodi tradizionali ed attività tecnica, hanno consentito progressivamente di individuare una ramificata organizzazione di origine albanese coinvolta sia nel traffico di “marijuana”, della quale curava direttamente la produzione nei territori di origine, sia nella commercializzazione di “cocaina”, reperita sul mercato romano grazie all’intermediazione di connazionali.
L’organizzazione albanese riusciva ad operare sul territorio nazionale avvalendosi della stretta collaborazione di esponenti della Criminalità Organizzata Pugliese, in accordo con i quali venivano predisposte e organizzate le operazioni di ricezione dei carichi di marijuana, provenienti via mare dall’Albania e successivamente accolti in vari punti (definiti all’occorrenza), dislocati sulle coste Pugliesi e Abruzzesi, tra i comuni di Lesina (FG) e Fossacesia (CH).
Gli esponenti della Sacra Corona Unita, oltre a fornire delle basi logistiche per lo “sbarco” dello stupefacente, ne gestivano in proprio la quota ad essi riservata, quale corrispettivo del supporto fornito agli operatori “albanesi”. Tale quantitativo di stupefacente veniva successivamente inserito dall’organizzazione italiana nel proprio circuito di traffico e spaccio al dettaglio, arrivando a raggiungere anche altri paesi europei, tra i quali la Germania.
La rimanente parte dello stupefacente veniva, invece, presa in carico dagli operatori albanesi e convogliata sulla Capitale, ove l’organizzazione aveva allestito un deposito centrale, ubicato in zona Tiburtina, nel quale confluiva anche la cocaina approvvigionata sul mercato romano e altre tipologie di sostanze oggetto di spaccio. Dal citato “hub di stoccaggio” venivano quindi prelevati dei quantitativi di minore entità, successivamente veicolati in differenti punti della città attraverso l’impiego di autovetture intestate a prestanome, utilizzate come vere e propri “mini depositi itineranti”, con capacità di carico variabili dai 15 ai 40 kg.
Tale meccanismo, oltre a consentire una elevata mobilità del carico, avrebbe dovuto evitare - in caso di sequestro da parte delle FF.OO. - di risalire al deposito centrale, compromettendo in tal modo l’intera partita. E fu proprio in una di tali vetture, come accennato sopra, sequestrata a Rapallo nel 2016, che venne sequestrato il primo importante carico di stupefacente.
Gli esponenti di vertice della citata organizzazione albanese avevano stabilito nella cittadina del Tigullio la propria base operativa, dalla quale gestivano, oltre alla famiglia, l’intero traffico di stupefacenti, in particolar modo di “marijuana”.
Mentre lo stupefacente destinato alla capitale veniva affidato ad una rete di spacciatori locali, gestita da nordafricani (in prevalenza di origine Nigeriana), le connesse attività di vendita e distribuzione al dettaglio nel territorio ligure venivano condotte in parte dagli stessi esponenti albanesi e in parte da criminalità locale all’uopo assoldata.
Oltre alla riviera ligure, le attività di traffico del gruppo albanese - condotte con il medesimo e collaudato modus operandi dei “mini” depositi mobili - si estendevano in altre città italiane, da Bologna a Firenze, fino a coinvolgere anche cittadine oltre confine, in Francia e in Germania.
Nel corso delle attività sono state effettuati ingenti sequestri di sostanze stupefacenti avvenuti soprattutto sulle coste Pugliesi, e in molti casi alcuni carichi, provenienti dall’Albania, sono stati intercettati al momento dello sbarco, operando in sinergia con le unità Aero-navali della G.d.F., attivate dal Comando Provinciale CC di Genova nell’ambito di un Protocollo di Intesa stipulato tra le due Forze di Polizia e volto a favorire la razionalizzazione dell’impiego dei servizi navali.
L’operazione, giunta al culmine con l’esecuzione di 29 Ordinanze di Custodia Cautelare, di cui
- 20 ordinanze in carcere, di cui 1 Mandato di Arresto Internazionale, nei confronti di un soggetto dimorante in Albania; tra i destinatari, 1 soggetto è già detenuto in carcere, a Brindisi, per altra causa, mentre 1 soggetto è a Sulmona, già in regime di arresti domiciliari;
- 9 obblighi di dimora, di cui uno a carico di 1 soggetto già agli arresti domiciliari, a Bari.
In particolare, sono stati sottoposti a sequestro (per un valore complessivo di circa 50 Milioni €):
- oltre 7 tonnellate di stupefacente (“marijuana”, “hashish” e cocaina);
- 3 litri di droga sintetica liquida del tipo “ayahuasca”, detta anche “droga dello sciamano”;
- 3 gommoni oceanici con motori da 500 cv, del valore complessivo di 200.000€;
- 1 pistola semiautomatica “imi jericho” cal. 9x19, completa di caricatore e 15 cartucce stesso calibro;
- 8.850 €, ritenuti provento di attività illecita;
- 9 veicoli fittiziamente intestati a prestanome.
L’operazione “Ottobre Rosso”, in sintesi, oltre ad infliggere un duro colpo all’intera organizzazione albanese, con lo smantellamento dell’intero vertice, ha messo in evidenza l’esistenza di consolidati ed efficienti rapporti di cooperazione tra sodalizi nazionali e stranieri coinvolti, a vario titolo, nel traffico internazionale di grosse partite di stupefacenti.
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Nel 2020 incremento rispetto alle due annualità precedenti di accessi ai Centri anti violenza
Il 2020, con il lockdown prima e le successive restrizioni poi, è stato contrassegnato da un notevole incremento rispetto alle due annualità precedenti, negli accessi ai Cav, + 14% e + 34%, e del 61% nella messa in protezione in casa rifugio.
I 27 Centri e i loro sportelli sul territorio hanno accolto 2.349 nuove donne nel 2020, con un aumento di 290 rispetto all’anno 2019 e di 599 rispetto all’anno 2018. Le donne allontanate per motivi di sicurezza e messe in protezione presso le case rifugio di primo livello sono state 113 (nel 2019 erano state 70).
La violenza è trasversale alle fasce di età, ai titoli di studio, alla condizione lavorativa, anche se la percentuale più alta viene registrata tra donne che hanno un’età compresa tra i 30 e i 49 anni (58%). Solo il 27,6% delle donne ha un’occupazione stabile (- 6% rispetto al 2019) a fronte del 44,8% di donne senza occupazione (casalinghe e/o non occupate) e del 18,4% di donne con un’occupazione precaria e, quindi, con una fonte di reddito incerta. La maggior parte delle donne (70%) si è rivolta al cav in maniera spontanea, a dimostrazione della fiducia creata sui territori di riferimento.
Nel 2020 la tipologia di violenza prevalente è quella psicologica (44,9%), seguita da quella fisica (40,7%) e dallo stalking (6,4%). Rispetto a tutte le annualità precedenti emerge come prima tipologia di violenza subita quella psicologica (era sempre stata quella fisica la forma prevalente), con un aumento del 6,6% rispetto al 2019. Questo dato, con molta probabilità, potrebbe avere una stretta correlazione con le condizioni di costrizione che le donne hanno vissuto a causa dell’emergenza pandemica, soprattutto nella fase del lockdown. Le donne che si rivolgono ai centri antiviolenza spesso riferiscono di aver subito violenze multiple, infatti accompagnano le violenze fisiche o sessuali a quella psicologica e/o di carattere economico.
La violenza si consuma prevalentemente fra le mura di casa: le donne più “esposte” sono le coniugate e le conviventi (52%), a cui seguono le donne nubili (26%) e le donne separate/divorziate (21%). Fra gli autori delle violenze figurano infatti il partner e l’ex partner, due tipologie di autori che rappresentano complessivamente l’81%; se aggiungiamo la percentuale cha fa riferimento all’area dei “parenti” (12%), abbiamo una percentuale complessiva del 93%. Il “partner attuale” è l’autore di violenza nel 53,3% dei casi mentre gli “ex” continuano ad agire violenza, nonostante la chiusura del rapporto, nel 27,5 % dei casi.
Si riduce sensibilmente il numero delle donne che sporge denuncia: nel 2020 la percentuale è del 39,3% rispetto al 52,3 % del 2019. Questo preoccupante dato, di forte contrazione rispetto alle ultime due annualità, potrebbe avere correlazione con le difficoltà connesse all’emergenza pandemica e a tutte le relative restrizioni, ma potrebbe essere anche la spia di una crescente sfiducia delle donne nel sistema giustizia, per le tante difficoltà che si trovano ad affrontare nella fase del post denuncia: tempi lunghi dei procedimenti, situazioni di vittimizzazione secondaria, spesso legate ai percorsi giudiziari per l’affidamento dei figli nella fase di separazione, percezione di scarsa protezione anche a seguito di reiterate segnalazioni e/o denunce, sensazione di essere poco credute oltre che poco protette rispetto ai loro aguzzini. La sfiducia nel sistema di protezione e la mancanza di autonomia potrebbero aver inciso sulla decisione delle donne di “rinuncia al servizio” (20% nel 2020); in questa percentuale di donne che si sono allontanate dai centri antiviolenza, il 54,7% (187 donne in termini di valore assoluto) ha fatto rientro nel nucleo maltrattante.
L’incremento delle donne messe in protezione presso le case rifugio di primo livello, 113 contro le 70 del 2019, potrebbe sicuramente aver risentito dell’escalation di violenza intra-familiare registrata nel periodo delle limitazioni dovute alla pandemia e alle sue conseguenze, che ha costretto le donne a convivere con i maltrattanti. Le donne con figli rappresentano il 66% del totale e sono 106 i minori che hanno seguito le madri nelle case (nel 2019 erano 57). Anche per gli inserimenti in casa rifugio, si registra una “rinuncia al servizio” nel 29 % dei casi, con 21 donne (56,8% di chi ha rinunciato al servizio) che ha fatto rientro nel nucleo maltrattante.
Nel corso del 2020, presso le 7 case operative di seconda accoglienza per i percorsi di semi autonomia, gestite dai centri antiviolenza, sono state accolte 35 donne con 20 figli (nel 2019 le donne erano state 18 con 19 figli).
I centri antiviolenza garantiscono la reperibilità telefonica h 24 attraverso il numero verde nazionale 1522.
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