"Dossier Messe" dà senso alla nostra storia In evidenza
Il Dossier Messe curato da Tranquillino Cavallo e da Mario Vinci è un’antologia di scritti che ha lo scopo di consentire a tutti, e non solo agli studiosi, di avere a disposizione quanto è stato pubblicato sul caso Messe nella nostra città a partire dal 1992 e, grazie alla nutrita appendice, anche prima ed oltre la dimensione locale, dal momento che la pubblicazione contiene anche dieci appendici di ampio respiro (tra cui il discorso su Messe del senatore Emilio Sereni del PCI ed altri atti parlamentari, riguardanti sempre Messe).
La motivazione di tale pubblicazione è chiaramente quella di porre un argine, pur nel limite dovuto alla nostra localizzazione periferica, al concreto rischio di scempio della conoscenza storica del cosiddetto “caso Messe”, conoscenza a volte distorta in una vuota celebrazione di fatti e personaggi, altre volte addirittura cancellata, con il pericolo di limitare la comprensione della nostra storia recente.
Il Dossier Messe nasce dalla volontà degli autori e dell’Istituto Culturale Storia e Territorio di cui sono parte attiva e propositiva, di contrastare l’indebolimento della conoscenza storica, avendo constatato negli anni di impegno culturale che ancora persiste nella nostra collettività, anche se in forma minoritaria, un bisogno di storia dovuto a sensibilità autentiche, a sane curiosità ed alla volontà di esplorare l’autentica dimensione storica.
Il generale Giovanni Messe con altri ufficiali del corpo di spedizione italiano in Russia visitano nell'autunno 1941 uno stabilimento industriale abbandonato dai russi (Russia, 1941) (Fonte: Archivio Centrale dello Stato).
Pasolini diceva che il nostro è un paese senza memoria, senza storia, un paese che non ha cura delle proprie radici. Da tempo ripetiamo che non c’è alcuna società civile se si rinnega la storia, non ci sono radici, né identità e nessuna dignità.
Per queste ragioni la storia, specialmente nel sentire collettivo, deve essere intrinsecamente dotata di senso e, per quanto riguarda la nostra Mesagne, ci sono buoni esempi negli studi e nelle pubblicazioni sulla memoria collettiva, storica e culturale a partire almeno dagli anni Ottanta del secolo scorso. Questo Dossier Messe è un buon esempio perché è una raccolta storiografica di scritti e documenti che non devono essere confusi con la memorialistica ma nemmeno ad essa si contrappongono; la memorialistica è una visione del passato, nella migliore dei casi ingenua, nel peggiore soggettiva e addirittura potenzialmente falsa o distorta se figlia di ideologie tendenti alla mitizzazione di eventi e personaggi, come talvolta è purtroppo accaduto. Del resto, l’amore per il paese, l’esaltazione delle radici e delle tradizioni, la stessa passione politica e, purtroppo, anche quella ideologica, raramente sono amiche sincere della verità storica, tanto è vero che le esaltazioni e le condanne retroattive hanno come risultato, le prime, la mitizzazione e, le seconde, la demonizzazione del passato. In questo modo la storia è ridotta a pagine di orrori ed errori oppure a vuote celebrazioni di fatti e personaggi.
Occorre sempre, oltre alla giusta distanza temporale dagli eventi del passato, che gli studi storici abbiano ben distinti i criteri rigorosi di critica, analisi e comparazione delle fonti dai processi diffusi della memoria culturale. In caso contrario, il rischio è da una parte un ritorno, che purtroppo non è solo locale, del mito insinuato nelle strutture della nostra cultura, mentre dall’altra parte si può, addirittura, arrivare a legittimare la cosiddetta “cultura della cancellazione”, il moderno ostracismo, rischio molto concreto nel “caso Messe”.
La memoria riscoperta e comunque vissuta, celebrata e pubblicizzata in questi anni nel nostro paese non possiede del tutto le risorse e le informazioni necessarie alla costruzione storica, scientificamente compiuta.
Questo perché la memoria rappresenta una forma di conoscenza non molto precisa del passato, troppo soggettiva e talvolta addirittura fideistica e, pertanto, si contrappone alla storia che, anch’essa, quando non è indenne da processi di mitizzazione, ha forme di imprecisione.
Il rischio concreto è di avere una celebrazione del nostro patrimonio storico e culturale, lontano da una ricerca sul passato figlia oggettiva di uno sforzo di conoscenza di ciò che veramente è successo e il ruolo oggettivo degli attori degli eventi storici.
Insomma, non si può fare del passato un vestito cucito su misura, sarebbe una professione di fede.
Non si vuole, con questo, condannare la memoria, solo che questa non può sostituire la storia, non può surrogarla, dal momento che la memoria non può mai andare oltre un’inevitabile dimensione personale. Le cosiddette “scritture di ricordo”, ultimamente molto presenti anche a Mesagne, sono inevitabilmente parziali e spesso sono vuoti esercizi di memoria al di fuori della storia. Hannah Arendt diceva che la “materia è la storia” e, quindi, non ha alcun senso assolvere del tutto o viceversa addebitare intere tragedie a singoli individui quando dovremmo parlare, piuttosto, di responsabilità civili, culturali e ideologiche di intere società. Ed è proprio per non parlare di responsabilità che da qualche tempo è in atto il tentativo non solo di revisione ma addirittura di cancellazione di periodi, fatti e personaggi storici. È un fenomeno ampio e globale che coinvolge anche la nostra città ed accade quando il perbenismo moralistico impone scomuniche, quando non riesce, ancor prima, a bloccare la libera ricerca storica; del resto, bisogna riconoscere che lo storico scevro da strumentalizzazioni e libero da considerazioni politiche opportunistiche è un animale sempre più raro.
Ha fatto breccia la pretesa di giudicare la storia con i filtri, politici o ideologici o comunque pregiudizievoli, e nella nostra società, ormai appiattita sul presente, è divenuto facile affossare ogni evento o personaggio storico che non si conformi al pensiero dominante. Basta un semplice algoritmo e chi non si conforma, chi osa avere opinioni differenti è interdetto. E guarda caso, si condanna un personaggio o un evento ma se ne risparmiano altri.
Stiamo assistendo ad una storia sempre più travisata, se non addirittura negata.
Da tempo, mi chiedo a chi giova la criminalizzazione del passato, condannato sempre in modo retroattivo pur di non urtare la suscettibilità del sistema adagiato su di un’asfissiante tradizione conformista. Questo conformismo è l’esatto opposto di ciò che uno storico deve fare: studiare il passato e presentarlo, e la rappresentazione, la narrazione storica deve essere sempre aperta a verifiche e messa costantemente alla prova di nuove informazioni, perché con il tempo e le ricerche, le posizioni possono essere riviste e addirittura superate.
Ridurre il cosiddetto “caso Messe” ad una dimensione presentista, appiattita cioè sul presente e sulle visioni dell’oggi, allontana tutti noi dalla vera conoscenza critica del nostro passato e lo riduce o a celebrazione o a demonizzazione, entrambe strumentali. Una narrazione storica non appiattita sul presente è possibile a patto che quel passato sia di fatto separato da una sorta di linea invalicabile costruita con valori consolidati e senza alcuna partecipazione ideologica, politica o morale.
Prima facevamo riferimento al fatto che la storia, specialmente nel sentire collettivo, deve essere intrinsecamente dotata di senso e su questo, tempo fa, così scriveva lo storico Giuseppe Galasso: “O il passato lo facciamo nostro, dominandolo o spiegandolo, ma, beninteso, senza anacronismi e alterazioni deformanti, o la storia e il bisogno di essa non hanno senso, anzi neppure nascono”.
“Dossier Messe” imbocca la direzione giusta: dare senso alla nostra storia.
"Dossier messe", edito dall'Istituto Culturale Storia e territorio, pagine 400. Da mercoledì 18 dicembre è nelle seguenti edicole di Mesagne:
Edicola “Mater Domini” di Tonino Palma, in via Materdona, 172;
Edicola “Ciribì”, di Angela Marinosci, in via Castello, 34;
Edicola “Pattydea”, di Franco Esperti, in via Marconi 139;
Edicola “La Carica dei 101”, in via Sandonaci, 20;
Edicola “A chiare lettere”, in via Normanno, 30.
---------------
Per restare aggiornato con le ultime news del Gazzettino di Brindisi seguici e metti “Mi piace” sulla nostra pagina Facebook. Puoi guardare i video pubblicati sul nostro canale YouTube.
Per scriverci e interagire con la redazione contattaci