proprio di fronte alla Porta Grande, è conservata una tela raffigurante Sant'Antonio di Padova, opera di Domenico Carella, importante pittore di formazione solimenesca. La tela risale al 1759 e possiamo presupporre che appartenga al periodo in cui avvennero i lavori di "riedificazione" della chiesa, che impegnarono maestranze fra il 1755 e il 1760. Stando a quanto riportato in un atto del notaio Elia Calaberese, inoltre, lo stesso altare dedicato al santo fu riedificato per volere dei committenti Nicola e Giovanni Scelba nel periodo sopra riferito: «Le dette parti asseriscono qualmente essendosi riedificata e ridotta in miglior forma la chiesa di detto venerabile convento, con aversi di nuovo innalzati l'altari, una delle quali e propriamente la prima che trovasi situata in cornu epistolae dell'altare maggiore si vede eretta in onore del glorioso Sant'Antonio di Padua eretto a proprie spese di essi Scelba nella maniera che di presente si fece col quadro in tela con l'efficie di detto Sant'Antonio, anche a spese di detti signori Scelba, ed intendendo far quella cappella gentilizia, perciò offeriscono a detti reverendi guardiano e padri in detto nome ducati cinquanta che dovessero rimanere in fondo in dote di detta cappella» Il dipinto, dalla tonalità forte, nella composizione iconografica vede Sant'Antonio di Padova in procinto di inginocchiarsi dinnanzi al Bambino Gesù, posto in piedi sulla nube; alle sue spalle una struttura architettonica adorna l'episodio, su di essa è collocata un vaso, in secondo piano si intravede un edificio. Il Bambino Gesù benedicente porge al santo francescano il giglio, simbolo della purezza. Altre figure arricchiscono l'episodio, in basso a sinistra un angelo, seduto sullo scalino semi avvolto da un manto rosso, regge il libro; sulla nube due angeli mantengono il mantello blu del messia; nel cielo dorato, simbolo della beatitudine, volano dei cherubini e degli angeli, aventi nelle mani delle corone di fiori. All'estremità in basso a sinistra il committente della tela è raffigurato in preghiera. Questo schema iconografico è comune, oltre che in Carella, in altri pittori attivi nella seconda metà del Settecento, ad esempio gli altri solimeneschi da Francesco De Mura a Corrado Giaquinto, da Leonardo Antonio Olivieri a Oronzo Tiso.
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